Roma, 4 ott – A Nemi riaffiora dal lago la villa dell’imperatore Caligola
Appartenente ad un complesso strutturale elegante e sofisticato, la Villa del terzo imperatore di Roma Gaio Giulio Cesare Augusto Germanico detto Caligola da caligula, cioè piccola caliga per il tipo di calzari preferiti da adolescente, rappresenta un gioiello prezioso incastonato nel ricco sistema archeologico romano.
Tenendo in considerazione le ricerche storiche operate nel corso degli ultimi decenni è interessante svolgere alcune riflessioni e ricostruire l’iter di scoperta.
A partire dall’età medio e tardo repubblicana, Nemi è stata meta prediletta dell’aristocrazia romana, prescelta come luogo privilegiato delle proprie residenze di otium.
Inizialmente di proprietà del console, nel 3 d.C., Lucio Elio Lamia, furono poi trasferiti nel demanio imperiale forse già sotto Tiberio (14-37 d. C.) ed in seguito acquisiti da Caligola (37-41 d.C.), che vi stabilì la propria residenza e vi fu seppellito per breve tempo dopo la morte avvenuta nel 41 d.C.
A partire dal XVI secolo il sito fu teatro di importanti scoperte archeologiche ed antiquarie: la maggior di esse avvennero tuttavia sul finire del XIX secolo.
Un momento storicamente importante per le ricerche riguardanti la Villa di Caligola è rappresentato dalle indagini condotte tra il 1998 e il 2002 dagli Istituti di cultura Nordici lungo la riva sud-occidentale del lago di Nemi: gli scavi, diretti da Pia Guldager Bilde e Birte Poulsen, hanno riportato alla luce una villa che si sviluppa su una terrazza artificiale della superficie di 450 x 100 metri, con orientamento nord-est/sud-ovest, prospettante sul lago. La struttura si articolava scenograficamente in padiglioni e terrazze, adattandosi all’altimetria dei luoghi, secondo il modello culturalmente egemone della reggia di tradizione ellenistica armonicamente inserita nel paesaggio naturale.
L’andamento, che segue la curva del lago, era determinato da motivi non solo climatici, per godere di una maggiore frescura in estate, ma anche cultuali, essendo la fronte rivolta verso il santuario di Diana, situato sulla riva nord-orientale del lago. La villa era accessibile da via terra e via acqua: da terra attraverso un diverticolo della Via Virbia, a nord-ovest, dal lago grazie a un sistema di banchine e di attracchi ritrovati in più punti.
Attualmente è in corso un’importante collaborazione iniziata nel 2003 tra la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio e l’Università degli Studi di Perugia per indagini archeologiche nel santuario di Diana nemorense, sotto la direzione scientifica di Giuseppina Ghini, Filippo Coarelli e Paolo Braconi: la struttura di maggiore entità e dimensioni venuta alla luce nelle terrazze superiori è senz’altro il ninfeo, alimentato probabilmente da una fonte che sgorgava nelle vicinanze e della quale si hanno notizie fino ad epoca recente.
Si può dunque con buona ragionevolezza dedurre che la costruzione del ninfeo sia stata progettata in relazione alla villa di Caligola.
Dunque un vero patrimonio storico ed artistico ancora in fase di studio e ricerche.
Proprio per tali ragioni ci si domanda sul futuro degli scavi ancora in corso, augurandosi che non seguano le tristi sorti dei siti pompeiani con i muri crollati a causa di una cattiva politica di gestione delle risorse finanziare o ancora degli scavi di Lomello in territorio pavese, abbandonati tristemente a se stessi.
Vanessa Bori