Washington, 14 ott – Gli abusi sessuali sono sempre disgustosi e abietti, specie se colpiscono categorie di persone deboli per condizioni psicologiche o materiali. Sarebbe però assurdo considerare in codizione d’inferiorità una donna benestante che sceglie di concedere le proprie grazie a un uomo ricco e potente per averne in cambio vantaggi economici e professionali. Il caso del produttore Weinstein è probabilmente più complesso di quanto lo si vuole presentare. Il fatto che a distanza di vent’anni numerose attrici si siano svegliate dal loro sonno dorato per denunciare presunti abusi e violenze ha come minimo del curioso. Le cose non devono essere andate poi così male a queste sante donne se allora e nel frattempo non hanno sollevato un sospiro contro quello che oggi additano come “mostro”. È quanto meno strano che solo oggi molte star del cinema si siano ricordate di essere passate dalle parti del signor Weinstein. Alla luce delle molte indiscrezioni emerse, comunque, qualcosa di vero in tutta questa brutta storia c’è.
Al di là della vicenda in sé, che evidentemente verrà chiarita nelle opportune sedi legali, l’occasione è buona per osservare come il mondo di Hollywood – il Pantheon di oggi abitato dalle divinità dei cittadini del mondo – è l’esempio eclatante di un sistema abietto e corrotto che allunga i suoi gangli fin nella più intima sfera privata. Non solo Weinstein è, per sua ammissione, un malato di sesso, ma molti altri nomi illustri tra cui Michael Douglas, Woody Allen, Roman Polansky hanno avuto grossi problemi a controllare i propri bassi impulsi. Dev’essere l’aria di Hollywood o le troppe notti di bagordi e un ego sovraeccitato a spingere questi degni rappresentati del mondo progressista e democratico a venir meno in numerose occasioni ai propri sani e saldi principi.
Da che mondo è mondo sesso e potere vanno di pari passo e pure la mitologia classica conobbe episodi grotteschi (seppure carichi di significati simbolici), ma la differenza fondamentale è la morale dietro a tutto. Mentre gli antichi non dividevano il mondo in buoni e cattivi ma conoscevano la complessità e le sfumature dell’animo umano, per le celebrità di oggi ogni occasione è buona per mostrarsi zelanti portabandiera dell’ideologia dei diritti dell’uomo, della moralina spicciola femminista, internazionalista, ecologista e chi più ne ha più né metta. Quanto siano sinceri, nelle loro parole, lo dimostrano come sempre i fatti. E i fatti sono spesso disgustosi ma non inaspettati.
Chi abbia un minimo di comprensione del mondo attuale e dei suoi meccanismi non si sarà stupito dello scandalo hollywoodiano di questi giorni, semmai si sarà detto: “Solo lui? Solo ora?”. D’altronde è chiaro come la luce del sole che la gran parte di ciò che passa a Hollywood è la muffa di una società occidentale in putrefazione. Ancora una volta appare chiaro quanto gli americani, in tutta la loro infantile immaturità, abbiano un enorme e irrisolto problema col sesso. Come seminaristi in fase adolescenziale si divertono a sbirciare le forme avvenenti di qualche bellezza, talvolta allungano la mano e assaggiano persino il frutto proibito, salvo poi arrovellarsi e sprofondare in una serie di sensi di colpa irrisolti.
La tipica immagine dell’industria dello spettacolo a stelle e strisce è il mondo della musica pop, dove i temi delle canzoni hanno oramai nel 99% dei casi a che fare con sesso, droga e soldi e dove nel 99% dei casi non conta il talento del performer, ma soltanto la sua capacità di provocare fantasie sessuali più o meno esplicite nello spettatore. Basti pensare a Britney Spears, Christina Aguilera o Miley Cirus, le quali hanno costruito una fortuna sulla provocazione sessuale, ma hanno iniziato la loro carriera… al Disney Village e recitando in programmi per bambini.
Non c’è contraddizione in questo perché il mondo occidentale è oggi attraversato da un infantilismo ipersessualizzato che anticipa sempre più i tempi dell’approccio sessuale, senza però affiancare consapevolezza, responsabilità e gioia. Il sesso è diventato un fatto consumistico, una questione di rapido soddisfacimento di bisogni incontrollabili da cui è esclusa la gioia della vita erotica compiuta e matura. L’Occidente è la terra del sesso triste, ammorbata di pornografia, ammiccamenti e corpi senza personalità ma che non sa vivere con stile, decoro e sobrietà la trasgressione. Se il piacere sessuale poteva fino a qualche anno fa essere considerato motivo di comicità popolare (si pensi alle commedie erotiche italiane) o l’espressione della massima libertà personale di uomini e donne consapevoli e consenzienti; oggi non viene rappresentato altrimenti che come lo sfogo di soggetti stravolti dagli eccessi e che solo in condizioni di stordimento sono in grado di trasgredire o perfino di eccitarsi. Non è infatti un caso che oggi l’impotenza maschile sia in forte aumento.
Il buon Obama qualche anno fa ha approvato una norma sulle violenze sessuali identificata con la sigla Vaw (Violence Againts Women Act) che in buona sostanza priva di tutti i diritti costituzionali l’accusato di violenza sessuale, vero o presunto che sia. Questa legge va incontro alle numerose denunce di violenza sessuale nella società americana in generale e nello specifico nei Campus universitari. Chiaramente una società con una così alta incidenza di denunce per reati sessuali ha un problema serio con il sesso, ma dall’altro bisogna anche considerare che è proprio l’immaturità di molte ragazze americane, fomentate da una martellante propaganda femminista, a sollevare casi di violenze inesistenti per rapporti consumati sotto i fumi dell’alcool.
Ecco, quando si parla degli scandali di Hollywood bisogna anche tenere presente il brodo di coltura in cui sguazzano e proliferano.
Francesco Boco