Roma, 23 lug – Ci siamo occupati a più riprese delle singolari dichiarazioni del presidente dell’Inps Tito Boeri sulla necessità di immigrati che “ci paghino le pensioni” e sostengano il nostro sistema pensionistico. Abbiamo anche fatto notare che, sulla base del ragionamento poco coerente del dirigente, più che pagarci le pensioni, gli immigrati servono a sostituirci.
Non di meno, è arrivata proprio due giorni fa, una presa di posizione anche dal mondo del sindacalismo di sinistra che, proprio in risposta ad alcune osservazioni in merito, ha ribadito la doppiezza ideologica del pensiero di Boeri. Infatti, già nel presentare alla Camera dei deputati il XVI Rapporto annuale dell’istituto di previdenza italiano, Boeri aveva fatto notare che molti immigrati, dopo aver versato i contributi, lasciano il nostro Paese, senza aver indietro quanto versato: un giochetto a quanto pare molto fruttuoso per le casse dell’ente. Ma è proprio a proposito di questo “regalo”, che l’Unione Sindacale di Base, in un comunicato del 21 luglio, definiva il numero uno dell’Inps come “l’uomo che si compiace del furto ai migranti”. “Ci sembra che sia più che mai necessario – prosegue la nota – organizzare i migranti e le Comunità e mobilitarsi per costringere l’INPS e il Governo Italiano a prendere seriamente in considerazione il fatto che quello che stanno facendo non è altro che un furto in piena regola ai danni di lavoratrici e lavoratori migranti e che questa pratica deve finire al più presto. A pagare la pensione agli Italiani deve pensarci lo Stato, non i migranti“.
Il ragionamento, effettivamente, fila alla perfezione, nonostante venga portato avanti per le ragioni sbagliate (non certo per fermare l’immigrazione di massa): assurdo compiacersi di una situazione favorevole originata da quello che, in linea di principio, potrebbe essere considerato come un intoppo del sistema previdenziale; ed è assurdo che, anziché pensare a risolvere questo intoppo, si cerchi di vederci anche dei meriti e farne una delle ragioni per cui importare immigrati (ovvero, avvalerci dei soldi che, per difficoltà burocratiche, ci lasciano loro malgrado). Del resto, segnala giustamente l’Usb, a questo intoppo si può ad esempio rimediare con accordi bilaterali: “Con la Tunisia – spiega l’Usb – questa Convenzione esiste. L’hanno fatta Craxi e Andreotti nel 1987. E’ diventata una Legge dello Stato Italiano e garantisce proprio che i contributi versati dai lavoratori Tunisini in Italia e Italiani in Tunisia non vadano persi. In questo caso non c’è guadagno per le casse dell’INPS e per il nostro PIL, però, se possiamo permetterci di dirlo, c’è maggiore giustizia”. Giustizia, ma poca convenienza e, paradossalmente, poco ritorno dal punto di vista della propaganda immigrazionista, a favore della quale ormai si tira fuori tutto e il contrario di tutto.
D’altra parte, occorre sottolineare che le parole di Boeri, anche in questo caso, non dicono tutta la verità e, forse volutamente, mirano a confondere le cose. Infatti, il numero uno dell’Inps (e, del resto, anche l’Usb) sembra dimenticare che attualmente agli stranieri, una volta tornati nel loro paese, seppur non spetti la restituzione dei contributi versati, spetta però la pensione minima al compimento dei 66 anni, anche con soli cinque anni di contributi versati, a differenza degli italiani a cui sono necessari almeno vent’anni di contribuzione. Un provvedimento di sicuro poco equo – tra l’altro berlusconiano – che era stato oggetto, già nel 2016, dell’attenzione di Francesco Borgonovo, che ci aveva dedicato un interessante articolo su “La Verità”. Una dimenticanza paradossale se pensiamo che, sempre in queste ore, Boeri ha puntato il dito ancora una volta contro gli italiani che percepiscono e spendono la loro pensione all’estero, quasi colpevolizzandoli per la perdita secca di un miliardo che questo comporta per il nostro Paese. In questo caso, sul fatto che tra le pensioni pagate all’estero e con pochi anni di contributi ci siano anche e soprattutto gli stranieri, Boeri è rimasto vago.
Il punto è che bisognerebbe smetterla di usare le statistiche a proprio piacimento e per i propri fini, laddove spesso è facile poi evincere dagli stessi numeri l’altra faccia della medaglia. E, soprattutto, come giustamente sottolinea l’Usb, ci si dovrebbe ricordare che le leggi dello Stato ed il suo sistema pensionistico dovrebbero basarsi di criteri di giustizia e di equità ed è ora di finirla di pensare alla “convenienza” come un criterio decisionale. Il fattore economico è certo indispensabile per stabilire la fattibilità e la sostenibilità di un progetto considerato legittimo, ma non può certo stabilirne la legittimità stessa, invertendo il logico processo causale e spingendo la politica a cercare soluzioni convenienti seppur ingiuste, anziché sforzarsi per rendere convenienti quelle giuste.
Emmanuel Raffaele
1 commento
Ladri che si vantano d’esser ladri..