Roma, 25 ago – Sono tre gli operai che oggi, a poche ore di distanza l’uno dall’altro, sono morti sul proprio posto di lavoro. Nel veronese, nel milanese e nel tarantino: avevano rispettivamente 42, 52 e 55 anni. Ancora tre incidenti gravi che girano il coltello nella piaga della sicurezza sul lavoro.
Tre operai morti
Incidenti inevitabili o morti annunciate? In Italia spesso è difficile demarcare una linea ben definita tra ciò che il fato decide e ciò che era evitabile, soprattutto quando si tratta delle morti sui posti di lavoro. Un mix letale di caso e incuria su cui però grava un’infame silenzio: a gennaio 2022 (quindi 8 mesi fa) sono 46 le vittime sul lavoro registrate in Italia; di queste, sono 33 quelle rilevate in occasione di lavoro (erano 34 a gennaio del 2021), mentre sono 13 sono quelle decedute a causa di un incidente in itinere (erano 7). Sembra evidente che un problema, caso o non caso, c’è: le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro tra gennaio e giugno sono state 382.288 (+43,3% rispetto allo stesso periodo del 2021), 463 delle quali con esito mortale (-13,9%). Numeri mostruosi a cui si aggiungono i tre operai che oggi sono stati vittime del proprio lavoro: nel Veronese, un operaio di 42 anni è stato investito e ucciso mentre stava tagliando l’erba in un’aiuola sulla Strada statale 434 Transpolesana, nel Milanese un operaio di 52 anni è morto poco dopo le 5 in una ditta di logistica di Buccinasco schiacciato da un macchinario, mentre nel Tarantino, l’incidente mortale è avvenuto in un’azienda agricola di Massafra dove un dipendente di 55 anni è rimasto schiacciato ai comandi di un trattore che durante lavori di aratura si è ribaltato per cause in corso di accertamento.
Ordinaria amministrazione
Nell’ultimo fine settimana di luglio è stata superata la soglia delle 600 vittime del lavoro nel 2022. I dati raccolti da USB (Unione sindacale di base) e Rete Iside parlano di 604 decessi dei quali sul lavoro 428, in itinere 172, a causa del Covid 4. La cifra dei 172 morti in itinere è significativa: delle morti andando o tornando dal posto di lavoro nel nostro paese non si parla mai. Anche nelle statistiche ufficiali Inail si fa fatica ad avere restituite le dimensioni di un fenomeno che costa, invece, centinaia di vite. Questo perché l’Istituto copre l’infortunio in itinere laddove siano verificate le finalità lavorative, la normalità del tragitto e la compatibilità degli orari. Non sempre, purtroppo, infortuni e morti in itinere rispondono a questi parametri. Le morti in itinere sono spesso causate dalla stanchezza dopo il turno, o ancora dovute al fatto che per raggiungere il posto di lavoro ci si deve alzare alle prime luci dell’alba, o perché che si è stati trattenuti oltre l’orario di lavoro usuale: è un fenomeno, quindi, strettamente correlato con precarietà e lavoro povero.
Piaga sociale
Ecco quindi che dopo l’ennesima giornata nera per i lavoratori, ci rimbalzano i numeri di una piaga peggiore di qualsiasi virus, quella del lavoro precario in tutta la sua portata. Mentre tutti i partiti si rincorrono in campagna elettorale queste morti silenziose attendono giustizia: perché uno Stato non può permettere che le leggi del caso possano tenere banco nella vita di un lavoratore, specialmente se sono quelle del libero mercato, dello sfruttamento e della concorrenza. Bisogna tornare sul tema del lavoro con forza e coraggio, altro che ius scholae!
Sergio Filacchioni
1 commento
Il problema è che i morti sul lavoro sono al 98% uomini. Se fossero stati femmine, vedi come si muovevano i nostri parlamentari, e soprattutto le parlamentari, tutte femministe da sinistra a destra.