Utrecht (Olanda), 3 lug – Nella città a due ruote per antonomasia, Utrecht, nella nazione a vocazione ciclistica per eccellenza, l’Olanda, prende il via l’edizione numero 102 del Tour de France. Il percorso, parliamoci chiaro, è all’italiana, dall’oltralpe hanno preso spunto dallo spettacolo proposto, nei decenni, dal Giro d’Italia. Dunque pochi chilometri a cronometro, 41,8 per l’esattezza di cui 13,8 nel prologo d’apertura e 28, il 12 luglio, nella Vannes-Plumelec, per una cronometro a squadre. In seconda istanza dimenticatevi 10 giorni di volate, con percorsi che ricordavano tavoli da biliardo, ma le altimetrie saranno quelle di un’elettrocardiogramma e già alla 3°tappa si arriva sul Muro di Huy, ultimi 50km sulle strade della Freccia Vallone. Il giorno dopo Seraing-Cambrai, sette tratti in pavè in pieno stile Liegi-Bastogne-Liegi. Per le montagne, quelle con la M maiuscola, dobbiamo aspettare la seconda settimana. 11°tappa, Tourmalet, 12° tappa, Porter-d’Aspet e Plateau du Beille, 16° tappa, arrivo a Gap, questo per quanto riguarda i Pirenei. Nella terza ed ultima settimana, 19° e 20° tappa le Alpi propongono La Toussuire e l’Alpe d’Huez, per concludere nella casa degli Dei sui serenissimi Campi Elisi.
FAVORITI – Sono i fantastici quattro gli uomini, al limite del bionico, che puntano alla maglia gialla. Vicenzo Nibali, campione uscente, Alberto Contador, vincitore dell’ultimo Giro d’Italia, Chris Froome, re 2013, e Nairo Quintana, maglia rosa 2014. L’Italia intera guarda ammirata al campione dello Stretto, sperando in un bis proprio come avvenuto sabato al campionato italiano in linea. Lo scorso anno gli avversari sono stati eliminati dal percorso, ma la forza dell’Astana e la sua tenuta non hanno lasciato dubbi, Vincenzo è lo squalo bianco del pedale mondiale, gigantesco predatore che non lascia nulla al caso. Contador è nel clou dell’età per un ciclista, 32 anni, un asse perfetto tra esperienza e tenuta fisica, ma viene da una tre settimane italiane, contro Landa e Aru, al limite dello stremo, anche se il madrileno visto alla Route du Sud, fuga ogni dubbio. Il vero punto di domanda resta il suo cast di supporto, anche se avrà un Rafal Majka, vincitore di due tappa la scorsa Grand Boucle, nel motore in più. L’inglese Froome è l’uomo costretto a vincere, nel biennio 2012-2013 ha dimostrato di non avere rivali quando le pendenze si fanno per pochi e quando si montano le ruote lenticolari, ma il suo 2014-2015 lo hanno ridimensionato. La squadra, la Sky, ha messo nel cassetto l’era Bradley Wiggins e deve rimediare alla figuraccia, motodrome annesso, rimediata da Richie Porte nello stivale italico. Infine il colombiano Quintana. Esplosivo, frequenza impressionante di pedalata e la fame del Sud America. Classe ’90 ha un peso di 58kg distribuiti su 1,67cm ed è il vero favorito per l’assenza di una, vera e propria, cronometro individuale dalla lunga distanza. Può contare su un gregario come pochi al mondo, Alejandro Valverde, e sull’esperienza della Movistar, dal 1980 sui tracciati mondiali. Sopravvissuto alla “malattia dei defunti” può diventare chiodo da bara per i suoi avversari.
DRAPPO FRANCESE E MAGLIA VERDE – In Francia snocciolano, tra il sacro ed il profano, i nomi di Thibaut Pinot, Romain Bardet, Jean-Christophe Péraud, Pierre Rolland e Warren Barguil, in rigoroso ordine di forza, hanno tutti il potenziale da primi dieci in classifica, ma solo Pinot, può realmente pensare di sfidare i migliori quattro di questa edizione del Giro di Francia. Bernard Hinault, ultimo vincitore transalpino nel 1985 della maglia gialla, ha finalmente degli eredi, degni di questa nomea. Per le volate c’è da segnarsi Peter Sagan (in foto, a sinistra), vincitore delle ultime tre maglie verdi, Mark Cavendish, Alexander Kristoff, Bryan Coquard, John Degenkolb, André Greipel, Edvald Boasson Hagen, Arnaud Démare e Michael Matthews.
ITALIANI – Sono 16 gli italiani al via, uno in meno di 12 mesi fa. Detto di Nibali, chi porta il vessillo italiano e può lasciare il segno sono altri due. Rispondono al nome di Adriano Malori e Matteo Trentin (in foto, a destra). Il parmense, campione nazionale a cronometro, punta alla gialla del primo giorno, dietro il favorito Tom Dumoulin c’è lui. Il trentino invece ha già vinto due tappe in Francia tra il 2013 e il 2014, gregario di Cavendish ha le doti per ritagliarsi un’altra prima pagina come negli anni passati. Ma oltre a questi tre ci saranno anche gli esperti Michele Scarponi, fido compagno dello Squalo, Ivan Basso, Daniele Bennati e Matteo Tosatto, dalla parte di Contador, Filippo Pozzato, guardia del corpo del campione portoghese Alberto Rui Costa e Luca Paolini, per il velocista vincitore dell’ultimo Fiandre, Kristoff. Chiudono la pattuglia tricolore Matteo Bono e Davide Cimolai, Lampre-Merida, Jacopo Guarnieri e Giampaolo Caruso, Katusha, Damiano Caruso, Daniel Oss e Manuel Quinziato, BMC.
La Grand Boucle che scatta sabato si prospetta, senza iperboli, la miglior rincorsa alla maglia gialla di sempre. Quattro prime donne così non si erano mai viste, l’assenza di cronometro neppure, i francesi finalmente hanno mire da pirati per portarsi a casa il tesoro più luminoso e il percorso, in salsa italiana come detto, è l’essenza di un ciclismo che, cerca, di tornare umano dopo gli anni delle fiale e degli Armstrong sotto forma di puntura.
Lorenzo Cafarchio
Tour de France: quattro Re per la corona
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2 comments
Giuste le analisi, il percorso del Tour come sempre è storicamente disegnato a seconda di chi vogliano favorire i francesi, pieno di prove a crono quando c’erano Anquetil, Indurain e i passistoni-scalatori degli anni novanta, sbilanciato verso gli arrivi in salita ora per favorire i loro mediocri scalatori come Pinot e Bardet.
Solo un appunto: Pinot, Bardet e Rolland messi assieme non valgono un dito di Sua Maesta il Tasso Bernard Hinault.
Giuste le analisi, il percorso del Tour come sempre è storicamente disegnato a seconda di chi vogliano favorire i francesi, pieno di prove a crono quando c’erano Anquetil, Indurain e i passistoni-scalatori degli anni novanta, sbilanciato verso gli arrivi in salita ora per favorire i loro mediocri scalatori come Pinot e Bardet.
Solo un appunto: Pinot, Bardet e Rolland messi assieme non valgono un dito di Sua Maesta il Tasso Bernard Hinault.