Roma, 20 giu – La sesta stagione di Black Mirror ha da poco fatto il suo debutto e tra i cinque episodi autoconclusivi che la compongono spicca sicuramente l’ultimo, dove tra demoni, National Front e quant’altro spicca una curiosa citazione del politico britannico Enoch Powell e del suo famoso discorso dei “Fiumi di sangue”.
La nuova stagione di Black Mirror
La nuova stagione di Black Mirror ha per lo più deluso i cultori della serie. Amata per il suo tecnopessimismo e la capacità di raccontare il futuro “tra dieci minuti”, aveva già subito un’involuzione dopo essere passata a Netflix, scivolando via via in una sorta di progressismo in salsa woke che aveva avuto il suo culmine nella quinta stagione. Si possono citare in questo senso episodi come Striking Vipers, in cui l’unico personaggio di etnia caucasica è giusto un cameriere che serve la coppia protaganista in un ristorante, oppure il quasi disneyano Rachel, Jack e Ashley Too. Se i nuovi episodi non scadono ulteriormente in questo senso, sembrano aver perso la loro impronta futurologica, con diverse ambientazione collocate retrospettivamente nel passato e con tinte più surreali che fantascientifiche. Il caso più eclatante di questo cambio di rotta è Demon 79, quinto e ultimo episodio della stagione che non a caso diventa per l’occasione Red Mirror. La puntata è ambienta nel Regno Unito del 1979. La protagonista è una commessa di origini indiane, la cui vita è sconvolta dall’apparizione di un demone che prenderà le sembianza di un cantante dance e che per la sfortuna di tutti non è il Pazuzu di Savrt Jugend. Sullo sfondo il pericolo di un olocausto nucleare, il crescere di movimenti come il National Front e del tema immigrazione. Anzi, lo stop all’immigrazione diventa addirittura l’immagine di un male incarnato che quasi si contende lo scettro con i mostri provenienti dall’inferno. Impersonificazione di tutto ciò è quella di un politico conservatore in carriera, personaggio che sembra rifarsi a Enoch Powell tanto da citare letteralmente quei “Fiumi di sangue” di uno dei suoi discorsi più noti.
Chi era Enoch Powell
Lungi dall’essere una sorta di anticristo in erba, Powell è sicuramente passato alla storia per una delle più dure e profetiche denunce delle conseguenze dell’immigrazione di massa. Proveniente dalla working class il suo primo amore non fu la politica ma lo studio della cultura classica, tanto da divenire professore di greco all’Università di Sidney all’età di soli 25 anni nel 1937. Anche i famigerati “Fiumi di sangue” sono citazione classica, con un riferimento a una delle profezie della Sibilla nell’Eneide: “Se guardo avanti sento forte un presentimento. Come i Romani, mi sembra di vedere il Tevere schiumante di tantissimo sangue”. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale si arruolò volontario, ottenendo un Obe (Order of British Empire) per meriti militari e concludendo il conflitto con il grado di Generale di Brigata. Nel 1945 aderì al Conservative Party, venendo eletto per la prima volta in Parlamento nel 1950. È il 20 aprile 1968 quando alla televisione ATV di Birmingham Powell pronuncia il celebre discorso dei “Fiumi di sangue”, pubblicato nel nostro Paese da ITALIA Storica nel 2020. Quello che è stato definito nell’edizione italiana “il più rovente atto d’accusa contro l’immigrazione di massa e la sostituzione dei popoli mai fatto da un politico conservatore occidentale”, è stata una denuncia anticipatrice e profetica del sistema immigrazione, insieme ai fenomeni di de-industrializzione e di perdita di sovranità. Il tutto accadeva mentre il governo labourista varava il Race Relation Act, una legge formalmente anti-discriminazione ma che di fatto rappresentava una discriminazione al contrario per i cittadini britannici. Nel 1974 Powell uscì dal Conservative Party in polemica con l’entrata del Regno Unito nella Cee (Comunità economica europea), per poi aderire all’Ulster Union Party. Powell è morto nel 1998 all’età di 85 anni. Come dimostra anche il suo riferimento – seppure in negativo – in Black Mirror, è ancora una figura centrale e attuale. Ma dato che l’episodio finisce (spoiler) nell’apocalisse e nell’abisso del nulla cosmico, viene da dire come i lavoratori che protestavano contro il Race Relation Act: “Enoch here, Enoch there, we want Enoch everywhere!”.
Michele Iozzino