Roma, 3 nov – L’ultimo terremoto in centro Italia, quello di domenica 30 novembre, è stato quello più intenso sino a questo momento: ha collezionato un valore di Mw6.5, maggiore di quello della scossa del 24 agosto e di quello del 26 ottobre. Avevamo intitolato “Sisma infinito” e così sembra essere ma c’è un perché, prima però di addentrarci nella spiegazione del fenomeno è bene fare un ripasso generale e dare qualche piccolo dato tecnico.
I terremoti in linea generale possono essere di 3 tipi: compressivi, distensivi, trascorrenti. Questo dipende da come si muove la faglia che li genera. Sappiamo che le rocce della crosta terrestre sono sottoposte a sforzi di natura tettonica dovuti a quel meccanismo che agisce sulle placche tettoniche che si chiama “deriva dei continenti”. Questi sforzi posso essere a loro volta compressivi, distensivi o trascorrenti a seconda del movimento reciproco di due porzioni di crosta. Sappiamo anche che l’Italia si trova nel punto di contatto tra due grandi placche tettoniche in collisione tra di loro: quella Eurasiatica e quella Africana. Pertanto la nostra penisola, lungo più o meno tutta la sua lunghezza, è interessata da fenomeni sismici partendo dalla Sicilia sino al Friuli Venezia Giulia passando lungo tutta la catena appenninica. Il terremoto di Amatrice/Norcia è stato di tipo “distensivo” ovverosia generato da una faglia che viene detta “normale”, così come lo è stata la sequenza sismica del 1997 in Umbria/Marche e quello de l’Aquila nel 2009 e si trova esattamente tra le due aree dei terremoti precedenti, e non è un caso come vedremo. Tutti sismi coerenti con la cinematica (ovvero come si muove la crosta terrestre) che ci si aspetta in quella porzione di appennino. Il sisma di Mirandola del 2012, in Emilia, invece è stato di carattere “compressivo” ovvero generato da una faglia “inversa”, anch’esso coerente con la cinematica che ci si aspetta in quel settore d’Italia.
Tornando al sisma di Amatrice/Norcia si nota che è in atto una sequenza sismica che solamente dopo la scossa di domenica 30 ha fatto registrare più di 1600 eventi sismici. In particolare, come si legge in un rapporto dell’Ingv “L’area interessata dalle repliche (aftershocks) del terremoto di domenica mattina comprende un settore che si estende per circa 30 km, da Accumoli a sud fino a Visso a nord. Riprende quindi la parte settentrionale del sistema di faglie che si era attivato con il terremoto del 24 agosto e interessa anche la parte meridionale della struttura attivata il 26 ottobre”. Andando quindi a colmare quel “gap sismico” tra i due sistemi di faglie interessati dai recenti eventi principali. Sistema di faglie che emerge in corrispondenza del Monte Vettore/Monte Bove, e viene individuato come il ragionevole responsabile del sisma del 30 ottobre.
Ma perché le scosse sembrano non finire mai? Questo è dovuto alla natura stessa del tipo di terremoto che abbiamo individuato poco fa: un terremoto da faglia normale. Questo tipo di terremoto, per la sua stessa natura, potrebbe anche essere chiamato “gravitativo” (come sostiene il presidente dell’Ingv Carlo Doglioni in un articolo). Per semplificare molto il modello e renderlo comprensibile occorre pensare a due tavole: una inclinata (la faglia) su cui è appoggiata una orizzontale (il piano campagna). Se noi spostiamo indietro la tavola inclinata, quella orizzontale scivolerà verso il basso sino a quando non ritornerà in una posizione di equilibrio. E’ proprio quello che succede, molto a grandi linee, nel caso di terremoti come questo: quando il movimento divergente è tale da superare l’attrito tra due porzioni di crosta si ha una rottura lungo il piano di faglia e nasce il terremoto. E’ come se fosse un enorme riassestamento della superficie terrestre che provoca un suo sprofondamento: infatti l’abbassamento totale dal 24 agosto ad oggi è stato pari a circa 70 cm nell’area interessata. E’ facile intuire che questa sorta di terremoto gravitativo dovuto al campo di sforzi distensivo sottostante è molto più lungo ad esaurirsi a livello temporale rispetto ad un terremoto compressivo: le porzioni di crosta, restano “sospese” per più tempo sino a quando non si raggiunge di nuovo una condizione di equilibrio generale, e questa tendenza al raggiungimento di un nuovo equilibrio è anche quella che spiega quel “effetto domino” (ma sarebbe più corretto chiamare innesco reciproco) dei diversi sistemi di faglie contigui. In questo senso il sisma di Amatrice/Norcia è figlio del sisma de L’Aquila che a sua volta è figlio della sequenza Umbro Marchigiana del 1997.
Questo non significa però che ci si debba aspettare un secondo intenso sisma necessariamente a breve, ma che, per la natura stessa dei sistemi di faglie appenninici, sicuramente in futuro capiterà. Sta a noi ora cercare di prevenirne i suoi effetti costruendo le nostre abitazioni ed edifici pubblici seguendo pedissequamente le norme antisismiche e cercando di dare una corretta educazione “geologica” in modo da comprendere appieno le dinamiche del territorio in cui viviamo.
Paolo Mauri