Roma 5 mag- Il 5 maggio 1821 moriva Napoleone. L’Imperatore d’Europa, che rivoluzionò il vecchio continente con uno schema amministrativo razionale e illuminato, difensore delle nazionalità e delle “frontiere naturali” (come scrisse lo storico Georges Lefebvre), cadde in esilio nell’isola di Sant’Elena.
Il 5 maggio di 39 anni dopo, nel 1860, molto vicino alla Francia di Napoleone, precisamente a Quarto, nei pressi di Genova, presero il largo 2 navi a vapore: il “Piemonte” e il “Lombardo”.
Le due navi avevano a bordo i mille volontari in camicia rossa guidati da Giuseppe Garibaldi.
Garibaldi, patriota italiano con alle spalle anche l’esperienza della Repubblica Romana, era l’unico uomo in grado di unire le varie anime rivoluzionarie pronte a sacrificare la loro vita per un’Italia unita. Da Quarto, difatti, partirono intellettuali borghesi, operai e artigiani provenienti da diverse regioni.
In pochi giorni coloro che passarono alla storia come “i mille” sbarcarono in Sicilia, a Marsala, dopo aver eluso la flotta borbonica. Qui trovarono il terreno già pronto per la “conquista” e per la risalita verso Nord, grazie all’insurrezione scoppiata pochi giorni prima per merito di Francesco Crispi e Rosolino Pilo.
Il sogno di un’Italia unita partì dunque da Quarto con quelle due navi e con quei 1000 uomini, che Mussolini, anni dopo, riconobbe come propri antesignani: “Le camice nere che seppero lottare e morire negli anni dell’umiliazione, si posero politicamente sulla linea delle camice rosse e del prode condottiero”. Parole chiare e forti che indicavano il pantheon culturale di riferimento dei rivoluzionari in camicia nera: Garibaldi e i 1000 volontari.
Federico Rapini