Roma, 14 dic – Le relazioni internazionali passano per il controllo ed il commercio delle fonti energetiche, ed in questo senso gli ultimi anni hanno visto una rivoluzione che si è consumata oltre Atlantico: gli Stati Uniti, tramite la Global Shale Gas Initiative, stanno destabilizzando il mercato mondiale del gas naturale grazie alle loro immense riserve di shale gas attualmente in sfruttamento che hanno permesso loro di passare da importatori ad esportatori di questa risorsa energetica.
Per capire la portata di questo fenomeno occorre fare alcuni chiarimenti: lo shale gas, impropriamente definito come “gas di scisto” e che sarebbe meglio chiamare“gas da argille”, è una delle risorse non convenzionali di idrocarburi insieme allo “shale oil”, al “tight gas/oil” e al CBM (Coal Bed Methane, metano da letti di carbone). Questa risorsa è diffusa in zone geografiche ben definite come Stati Uniti, Canada, Nord Europa/Baltico, Sud America e Nord Africa (soprattutto Libia e Algeria). Estrarre questo tipo di risorse è più costoso rispetto a quelle “convenzionali” per le caratteristiche delle formazioni geologiche in cui si trova che implicano l’utilizzo di una tecnologia estrattiva dispendiosa sia dal punto di vista pratico sia ambientale: un barile di shale oil costa 60 dollari al momento della produzione, ad esempio, a fronte di un costo di mercato che si aggira intorno ai 50 dollari al barile per il WTI. L’andamento del prezzo del gas naturale invece rese remunerativo lo shale gas solo nella prima decade di questo secolo, con un prezzo di 7 dollari/mmBtu ed un costo medio del gas da argille di 3,81, fatto dovuto principalmente al deficit delle riserve di gas convenzionale prima che lo shale entrasse in produzione a regime, ora che il prezzo del gas si aggira intorno a 1,92 dollari grazie all’invasione sul mercato delle enormi quantità di gas prodotto in questo modo, questa risorsa non convenzionale deve essere “pompata” con investimenti a fondo perso, oppure cercando di venderne il surplus della produzione all’estero, appunto quello che si apprestano a fare gli americani.
La questione infatti è vitale per gli Stati Uniti, dato che il rischio che quella dello shale gas diventi una vera e propria “bolla” speculativa a causa degli enormi investimenti e dell’enorme produzione che ha rotto gli equilibri del mercato, è più che reale. Quindi non molto tempo fa, il Presidente Obama siglò con il Governo Monti un “patto di crescita” tramite l’allora Ministro degli Esteri Terzi, che ha un’estesa rete di contatti personali in nord America, in modo da assicurarsi una fetta del nostro mercato del gas. Così questo fine settimana appena trascorso nel porto di Livorno è arrivata la prima tranche di gas shale americano sottoforma di LNG: 105mila metri cubi provenienti dall’impianto di Sabine Pass in Louisiana, per ora l’unico negli Stati Uniti in grado di effettuare la liquefazione del gas, della società Cheniere Energy che in quest’ultimo anno è riuscita a dare un contributo decisivo all’industria petrolifera americana. Il combustibile sarà stoccato nei serbatoi della Olt (Offshore Lng Toscana) ed immesso in rete in caso di bisogno tra gennaio e marzo del 2017. Una volta riportato alle condizioni gassose il carico ammonterà a circa 63 milioni di metri cubi, che alla realtà dei fatti rappresentano meno dello 0,1% del fabbisogno totale giornaliero italiano, ma che significano l’ingresso nel nostro mercato di un nuovo concorrente che, nel lungo periodo, potrebbe ridimensionare la quantità di gas importato da Russia (30 miliardi di metri cubi) e Nord Africa (18 miliardi di metri cubi), rendendo così il nostro Paese meno legato a Mosca dal punto di vista delle scelte politiche e quindi più facilmente “malleabile” al volere di Washington più di quanto già non lo sia.
Paolo Mauri
5 comments
Ma sti americani sionisti hanno rotto le balle per sempre, si intrufolano persino nelle forniture di gas pur di dare sfogo alla loro russofobia paranoica da guerra fredda, sono diventati solo degli affaristi guerrafondai e i nostri politicanti italiani sono stati finora solo dei servi e leccapiedi degli americani sionisti, una vergogna assoluta che grida vendetta e prima o poii la storia darà corso alla sua vendetta perchè tutti i nodi vengono al pettine, è solo questione di tempo!!
Saluti.
Fabrice
Fabrice
lasciamo perdere la politica, si puo risparmiare ?
1 carico pari a 63 milioni di mc sono poco meno di 1/1000 (0.1%) del fabbisogno annuo italiano e non 0.01% ( 1/10000) del fabbisogno totale giornaliero! Attenti a “deformare” le notizie! E comunque non mi sembra poco per un singolo carico. L’importante alla fine è quanto costa rispetto al gas russo.
Buonasera, no il consumo è riferito a quote giornaliere.
Nel link di riferimento, che prende i dati ufficiali da Eni e dal Mise, si stima che il consumo di gas giornaliero italiano è di circa 68 miliardi di metri cubi. Da qui la percentuale dello 0,1% rappresentata dal gas di scisto americano.
p.s. la percentuale giusta è 0,1% come ha notato lei, abbiamo corretto, ma il consumo è giornaliero, non annuale.