Torino, 1 set – In una mattina di questa estate abbiamo avuto il piacere di conoscere Mike Robinson, stilista che ha scritto pagine importanti nella storia automobilistica dei giorni nostri e la cui febbre per il suo lavoro è a temperature decisamente maggiori di quelle dell’aria che ci circondava.
Da dove nasce il Mike designer e perché venire a Torino?
Nel 1972 avevo sedici anni e studiavo per diventare un architetto di costruzioni civili (case, palazzi, teatri, etc.) quando un mio compagno mi mostrò la fotografia di un prototipo d’auto: era la Lancia Stratos Prototipo Zero di Bertone, quella con il parabrezza che si apriva come un coccodrillo. Rimasi folgorato da quella vettura. Purtroppo la didascalia non riportava nessuna informazione se non solamente il nome Stratos, quindi iniziai la ricerca per trovare tutti i dati. non fu per nulla facile perché non esisteva Google all’epoca, girai per le varie biblioteche della città, finché trovai le informazioni che cercavo: Lancia Stratos, disegnata da Gandini alla Bertone, e scoprii che vi erano molte altre aziende di car design come Bertone a Torino in Italia. Ecco, quel capolavoro accese la mia passione, lì decisi che sarei diventato un designer automobilistico e che dovevo andare a lavorare a Torino dove stavano creando le più belle vetture al mondo. Mi ricordo ancora la reazione dei miei genitori quando gli dissi : “Non voglio più diventare un architetto che disegna case, voglio disegnare automobili e vivere a Torino!”, “Torino dove ? Nell’Ohio?”, “No, in Italia!”. Proseguii quindi negli studi e terminato il percorso partii per l’Europa, con la prima tappa al Salone dell’Automobile di Francoforte. Lì mi presentai alle case automobilistiche, parlai con i responsabili del design proprio di tutti – Opel, Volvo, Peugeot, Jaguar, ecc. – fissando appuntamenti successivi in ogni Centro Stile d’Europa. Volutamente lasciai l’Italia e Torino per ultimi ed iniziai a lavorare nel 1979 in un piccolo studio del settore chiamato Open Design. Dopo varie esperienze in Ghia, poi freelance, fui assunto al Centro Stile Fiat nel 1984, dove ho lavorato per 19 anni.
Quali sono state le sue creazioni che maggiormente ricorda?
La Fiat Bravo / Brava, l’Auto dell’Anno 1995, dove ero il responsabile del design per gli interni e la Lancia Dialogos. Della prima ricordo le battaglie con gli ingegneri, con varie prove di crash-test, per convincerli a sagomare la parte inferiore della plancia in forme arrotondate e…
Perdoni l’interruzione, ma sorge automatica una domanda…
Prego
Da cosa si può giudicare bella una vettura?
Semplice. Durante lo sviluppo di una vettura, se non c’è il sangue sul pavimento dopo le battaglie fra designer ed ingegneri, allora si può essere certi che l’auto sarà brutta e/o poco interessante.
Riprendiamo dalla Dialogos….
Sì. Nel 1996 venni nominato direttore del Centro Stile Lancia. Ne ero felicissimo: direttore del Centro Stile Lancia a Torino, la casa che aveva creato la Stratos, la macchina che mi aveva ispirato, a Torino, dove volevo lavorare… Entrai nell’allora Centro Stile Lancia e trovai il gruppo di designer demotivati.
Soluzione adottata?
Dunque, riuscii a risolvere il problema, a rimotivare tutti spingendo sul concetto che eravamo gli eredi di quelli che avevano creato la Stratos. Gli feci portare la Stratos Zero alla pista di prova al Centro Stile Lancia, invitando tutti a guidarla. Furono sbalorditi, felicissimi! Poi feci portare altre due Stratos HF da corsa, e guidarono anche quelle! Fu allora che capirono che dovevamo mettere la stessa passione di questi bolidi in ogni progetto che avremmo affrontato di lì in poi. Abbiamo incominciato a lavorare ad un primissimo progetto meraviglioso, un concept car da salone, per esplorare il benessere a bordo delle vetture di lusso del futuro. Fu così che nacque la Lancia Dialogos, dopo 24 mesi di ricerca a 360°, con analisi sociali, psicologiche, tecnologiche, fantascientifiche, persino automobilistiche. Fu un prototipo straordinario, grazie al mio team del Centro Stile Lancia, pieno di talento e pieno di passione. Quando l’abbiamo presentata al salone dell’auto di Torino, venne definita il prototipo più affascinante del salone, con giudizi molto positivi da tutta la stampa del settore. La prima vettura da sostituire in quel tempo era proprio la Lancia K e dopo una gara fra designers esterni e noi del Centro Stile si optò per mettere in produzione la Dialogos; purtroppo si dovette adattare la Dialogos sulla meccanica della vecchia K, con enormi problematiche perché erano due vetture stilisticamente diverse e la piattaforma della K era anche ormai arretrata (passo troppo corto, sbalzi anteriori e posteriori troppo lunghi, carreggiate troppo strette, ecc.). Poi la nuova elettronica era in netto conflitto con i vecchi sistemi elettrici e così si iniziarono le vendite con due anni di ritardo. Tutti motivi che spiegano l’insuccesso della Lancia Thesis, anche se sono convinto che con una stella a tre punte invece dello scudetto Lancia la stessa vettura avrebbe fatto grandi numeri : esistono nel mondo ancora oggi vari club di collezionisti incentrati solo sulla Thesis, uno addirittura in Giappone dove non è mai stata importata ufficialmente ! Sai, è molto difficile quando una vettura da te creata, che consideri un grande progetto, risulta un disastro commerciale, ma i motivi per l’insuccesso della Thesis sono tanti, e non solo lo stile. Fu anche realizzata una vettura personale per il Papa Giovanni Paolo II, per l’anno del Giubileo, utilizzando una Thesis a passo lungo. Rodolfo Gaffino ed io abbiamo realizzato questa iniziativa con intraprendenza personale all’interno di un’azienda enorme. Abbiamo dovuto lottare per convincere i vertici della Fiat, anche dopo l’approvazione del Santo Padre.
Nel 2004 Marchionne assunse il comando, qual è il suo punto di vista?
Sergio Marchionne era una persona diretta, non perdeva tempo in convenevoli, era interessato solo a sanare l’economia dell’azienda, infatti ha riempito le tasche degli azionisti ed azzerato tutti i debiti. Ricordo benissimo il giorno in cui conobbi Marchionne, mi pose subito due domande: “Come mai la Thesis è stata un fallimento ?” e “Secondo lei cosa si deve fare per rilanciare il marchio Lancia?”. Alla seconda domanda risposi che avremmo dovuto produrre ottime e belle macchine di lusso per 15 anni e lui, concretamente, affermò che non aveva tutto quel tempo.
Dopo c’è stata l’esperienza in Bertone.
Sì, ovviamente conoscevo bene la Bertone (da quando avevo 16 anni fu il mio sogno) e nel 2009 Lilli Bertone mi chiamò per dirigere Stile Bertone, il ramo del gruppo che si era ripresa dopo la divisione con le due figlie dell’eredità alla morte di Nuccio Bertone. Quando arrivai non c’erano più clienti, ma con un lavoro attento riuscimmo a far ripartire l’azienda e fatturammo una media di 26 milioni d’euro annui per quattro anni di fila; disegnammo di tutto, anche il nuovo Frecciarossa 1000, interni ed esterni.
Per un certo periodo, molto recente, abbiamo visto tanti capitani d’industria e finanza terminati in fallimento. Adesso sembrano scomparsi, sarà finita questa ondata buia?
Mah, forse. Ho ancora qualche dubbio su Elon Musk e la sua Tesla: da 16 anni non produce nessun utile ma solo passivi, eppure continua perché rilancia sempre più in alto. Il problema è che tutti guardano alle start-up di successo quando appunto sono di successo e pensano che gli sia piovuto dal cielo, non si pensa mai a tutti gli sforzi che hanno dovuto sopportare.
Torniamo a tematiche più tecniche. Come immagina Mike Robinson la mobilità del futuro?
Una fusione tra mobilità personale e mobilità di gruppo. Viaggiare in treno è stupendo perché si può leggere, disegnare, lavorare, etc. ; per arrivare ai punti di raccolta è però necessario l’uso di mezzi personali. L’auto del futuro dovrà sempre di più emozionare, bella la guida autonoma ma quando verrà eliminato il volante questo dovrà essere sostituito con qualcosa ancora più affascinante, altrimenti il piacere sarà perso. I vari assistenti digitali (Siri, Alexia, ecc.) dovranno interagire in modo più “caldo”, capire quando si ha un tono ironico, etc. Un primo esempio del genere c’era già sulla Lancia Dialogos vent’anni fa, si chiamava “Ambrogio”, come nella pubblicità del Ferrero Roche, ed era il frutto di un lavoro del Centro Ricerche Fiat ad Orbassano.
Cosa attira oggi la sua attenzione nel mondo del design?
L’intelligenza artificiale applicata al design. Si chiama Fast Design ed è già realtà, migliorabile, ma esistente. Alcune aziende di abbigliamento come Zara e Tommy Hilfigher già la utilizzano, se devono disegnare una maglietta il computer seleziona migliaia di immagini, confrontandole con le tendenze del momento ed elabora una serie di proposte tra cui scegliere e da cui l’uomo può partire per metterci la sua mano; in questo modo si velocizza di molto il processo di progettazione, dai sei mesi di prima adesso bastano sei settimane, dallo schizzo agli scaffali delle boutique di moda. Si evita in pratica tutta la noiosa parte di documentazione per dare più spazio alla creatività.
Ultimi lavori effettuati?
Collaboro con aziende cinesi oramai da nove anni, avendo disegnato tantissime automobili per il mercato Cinese. Vogliono tutti i SUV, qualche berlina, ed ora puntano pesantemente sulle vetture elettriche, sovvenzionati dal governo.
Com’è oggi lavorare con i cinesi?
Complicato, perché vogliono dimostrare di saper fare da soli, ma hanno ancora bisogno di noi. Oggi la Cina è il mercato dell’automobile più grande del mondo, quindi è importantissimo conoscerli, collaborare con loro ed aiutarli a crescere.
Cristiano Bergoglio
"Senza sangue fra designer e ingegneri è una brutta auto": intervista a Mike Robinson
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2 comments
..”’complicato con i cinesi” più che complicato..”non durevole” non c’è cosa, prodotta in cina, che duri piu di una settimana ( se dice bene )..
Mi piacciono questi articoli bravi