Roma, 18 apr – In occasione della Domenica delle Palme abbiamo ascoltato come di consueto il brano che la Chiesa ci propone sulla Passione e Morte di Gesù trattato da San Luca nel suo Vangelo. Tra i passi più salienti e più importanti c’è sicuramente l’episodio del rinnegamento di Pietro fuori al cortile del sinedrio preso spesso come esempio di mancanza di umiltà e di pentimento sincero da una parte e di misericordia divina dall’altra.
Raccontare i propri limiti
Probabilmente il messaggio umano e spirituale che gli evangelisti ci volevano dare è proprio questo; raccontare i propri limiti ed i propri tradimenti per evidenziare al tempo stesso la grandezza e la bontà di Dio che nonostante la miseria umana tira sempre fuori cose grandi ed eterne. Ma se analizziamo bene ogni passo di questa vicenda, che va dall’orazione di Gesù nell’orto degli ulivi fino al suo arresto e al rinnegamento di Pietro, si possono scorgere punti interessanti diversi da quella che è stata sempre la lettura abituale. Innanzitutto bisogna considerare quella che era la percezione degli apostoli nei confronti di Gesù mettendosi nei panni di chi vedeva in lui non solo il Figlio di Dio ma il Messia di Israele venuto a riscattare il loro popolo e a rendere giustizia al mondo e quindi di conseguenza alla loro terra ed in primis a loro che ne stavano seguendo le orme.
Gli apostoli “limitati” nel capire le parole di Gesù
Non è difficile pensare che alcuni di loro vedessero Gesù come un riformatore politico venuto a ristabilire l’ordine divino e quindi ad avere anche un ruolo meramente umano e politico. Si raccontano vari episodi in cui gli apostoli si dimostrano limitati nel comprendere le parole del maestro andando incontro a vere e proprie figuracce che spesso Gesù rimprovera amorevolmente. Pertanto quando viene loro annunciata la fine che farà il loro capo da una parte non comprendono e dall’altra rimangono un po’ scandalizzati da queste dichiarazioni. “Terminati tutti questi discorsi, Gesù disse ai suoi discepoli: “Voi sapete che fra due giorni è Pasqua e che il Figlio dell’uomo sarà consegnato per essere crocifisso”. (Mt 26, 1-2).
Allora Gesù disse loro: “Voi tutti vi scandalizzerete per causa mia in questa notte. Sta scritto infatti: Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge. (Mt 26, 31) Ed ecco immediatamente la famosa dichiarazione di Pietro il quale, col suo carattere diretto ed istintivo, si lascia andare a quella promessa di fedeltà assoluta, seguito anche dagli altri suoi compagni, a cui Gesù risponde con l’altrettanto famosa predizione del rinnegamento prima del canto del gallo.
Pietro: veramente disposto a morire per il proprio capo?
Ma Pietro sarà stato veramente disposto a morire per il proprio capo? Oppure fu solo una frase di circostanza priva di consapevolezza. Che cosa potevano aver capito di fronte all’annuncio della morte del loro maestro? Probabilmente si erano resi tutti conto che qualcuno voleva far male a Gesù perché non ne accettava gli insegnamenti e che stavano progettando un piano per farlo fuori. La sera stessa quando andarono nel Getsemani a pregare o quantomeno a far compagnia a Gesù mentre pregava si aspettavano di fare un incontro con qualcuno a cui lui stesso aveva dato appuntamento, collegando il tutto con la direttiva impartita poche ore prima a Giuda durante l’ultima cena. Di fatto però in quel momento la loro presenza era una sorta di scorta e accompagnamento al loro leader che doveva sbrigare delle mansioni importanti. All’arrivo della folla armata con a capo Giuda gli apostoli rimangono sorpresi e si mettono subito sull’altolà non capendo immediatamente le intenzioni del gruppo che gli si è fatto avanti.
“Rimetti la spada nel fodero”
“E subito (Giuda n.d.r.) si avvicinò a Gesù e disse: “Salve, Rabbì!”. E lo baciò. E Gesù gli disse: “Amico, per questo sei qui!”. Allora si fecero avanti e misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono.” (Mt 26, 49-50). La situazione quindi si fa chiara. C’è un’aggressione ai danni di un gruppo per colpire il loro capo e quindi quale sarebbe la reazione più naturale dei vari membri se non quella di difenderlo? E così avviene “Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù, messa mano alla spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote staccandogli un orecchio.” (Mt 26, 51) Una reazione che è tutto fuorché pacifica e normale per un manipolo di vigliacchi e traditori. Ma chi fu il discepolo che prese questa iniziativa bellicosa e che era quindi venuto armato in quella missione di scorta notturna tra gli ulivi di quel luogo? Ce lo dice San Giovanni nel suo Vangelo “Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori e colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco.” (Gv 18, 10) E di fronte a una situazione del genere che stava degenerando in uno scontro fisico tra due gruppi entrambi armati la risposta di Gesù fu quella di guarire l’orecchio mozzato del servo ed intimare a Pietro di riporre la spada rimproverandolo duramente con parole a dir poco minacciose. “Allora Gesù gli disse: “Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada.” (Mt 26, 52).
Una dimostrazione di forza
Ed ancora: “Ma come allora si adempirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?” (Mt 26, 54) “Gesù allora disse a Pietro: “Rimetti la tua spada nel fodero; non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?” (Gv 18, 11). Praticamente con queste frasi Gesù lo sta accusando di ostacolare l’adempimento delle Sacre Scritture, una vera e propria bestemmia per un ebreo in attesa del Messia! A questo punto ci chiediamo cosa sia passato nella testa di Pietro e degli altri apostoli di fronte ad una scena del genere che vedeva il proprio maestro, colui che credevano essere il tanto atteso Messia del loro popolo, venire arrestato senza voler reagire per niente ed addirittura impedendo a loro di poterlo difendere anche a costo della vita. Si saranno chiesti cosa stesse accadendo in quel momento. Probabilmente le loro speranze per il riscatto di Israele e per la venuta del Regno di Dio si stavano dissolvendo senza colpo ferire a causa proprio di colui per il quale avevano giurato fedeltà fino alla morte. In più si aggiungono le parole di Gesù che fa capire chiaramente la sua volontà di farsi prendere accettando tutte le conseguenze scandalose che ne sarebbero scaturite: l’umiliazione, la flagellazione e la crocifissione indegna. “Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli?” (Mt 26, 53). Ma ancora più palese è la prima dimostrazione di forza che esprime al primo contatto col gruppo dei servi e soldati dei sommi sacerdoti. “Gesù allora, conoscendo tutto quello che gli doveva accadere, si fece innanzi e disse loro: “Chi cercate?”. Gli risposero: “Gesù, il Nazareno”. Disse loro Gesù: “Sono io!”. Vi era là con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse “Sono io”, indietreggiarono e caddero a terra.” (Gv 18, 4-6).
Un intervento soprannaturale
Un passo questo che se lo meditiamo per bene nasconde nemmeno troppo velatamente un intervento soprannaturale di Gesù che, quasi fosse un supereroe dei fumetti, manda al tappeto i suoi nemici senza problemi. E’ l’ennesimo esempio che egli dà della sua volontà di compiere a pieno la sua missione di Redenzione . Pur potendo liberarsi da quel fardello ne abbraccia per amore tutte le conseguenze. In quel momento non erano tanto i suoi nemici che volevano ucciderlo ad insidiare il compimento della volontà di Dio, bensì gli stessi suoi apostoli con Pietro in testa.
Un’avventura d’amore
Lui, il più audace e passionale, si trovava di fronte alla fine del proprio sogno di seguire il Messia per l’instaurazione del Regno di Dio. Per un ideale e per un capo che lo rappresenta si può e si deve anche morire ma per un uomo che nonostante il suo valore e le sue potenzialità infinite si abbandona al destino più vergognoso vale la pena continuare a combattere? Ancora peggio se quell’uomo si definisce il Cristo ed ha dispensato profondi insegnamenti e miracoli sorprendenti in giro per tutta la Galilea. Di fronte ad un atteggiamento del genere Pietro e i suoi amici rimangono spaesati e confusi e senza la giusta convinzione non si può continuare a lottare per un leader che ha scelto di morire abbandonandoli al proprio destino. Perché senza Gesù gli apostoli si sentono smarriti, in particolare se lo vedono andare incontro volontariamente verso quella brutta fine evitabilissima, e per di più senza aver potuto vendere cara la pelle. Gli apostoli infatti fuggono per salvare almeno la loro di vita ma Pietro non può e non vuole andarsene così senza trovare una spiegazione che pretende per arrivare a comprendere quello che sta succedendo. La ricerca di Gesù nel giardino della casa del sommo sacerdote, oltre che dall’amore filiale verso di lui, rappresenta anche il bisogno di trovare delle risposte. Il rinnegamento di Pietro è frutto del crollo della sua convinzione umana e spirituale. Lui e gli altri Undici (ormai dieci senza Giuda) si erano giocati tutto per Gesù, avevano lasciato il proprio lavoro e le proprie mogli in cambio di un’avventura d’amore ma anche di tanta speranza umana.
Il pianto amaro di Pietro
I limiti di Pietro e degli apostoli in generale furono proprio la mancanza di Fede che forse nessuno avrebbe mai avuto di fronte alla fine imminente di colui che aveva dimostrato con le parole e i fatti di essere il Dio sceso in terra. Ma proprio per questo un Dio non può venire e non può farsi arrestare ed umiliare da una manica di mediocri soldati e di arroganti sacerdoti. Furono il disorientamento e lo sconforto a provocare il rinnegamento di Pietro e non la sua mancanza di volontà di difendere e combattere per il proprio leader come ebbe a dimostrare poco tempo prima. Questo segmento di racconto dell’inizio della Passione finisce con il pianto amaro di Pietro dopo il canto del gallo e il ricordo delle parole del Maestro. Un pianto provocato da tutti questi stati d’animo compreso sicuramente l’amore sincero che provava per Cristo fino ad allora la sua unica fonte di vita. Sappiamo come finisce la storia e come sarà la vita di Pietro dopo la discesa dello Spirito Santo. Ci saranno ancora momenti di dubbi e incomprensioni nel cuore dell’apostolo ma il disegno divino si farà sempre più chiaro e limpido fino al giorno in cui Gesù lo invita a tornare a Roma per concludere, da martire, la sua missione da primo capo della Chiesa.
Francesco Amato
1 commento
La narrativa, la metafisica ed i principî di questa religione mi sono così totalmente estranei che potrei forse avvicinarmi all’ebraismo più che al cristianesimo, in qualsiasi sua declinazione.