Auckland, 19 nov – Jonah Lomu ha passato la palla, a soli 40 anni, stroncato da un infarto nella sua casa di Auckland. La notizia è rimbalzata in ogni angolo del pianeta, seguendo la traiettoria impazzita di un pallone da rugby. Una triste sorpresa, certamente, ma non del tutto inattesa, poiché Lomu soffriva da anni per una rara malattia ai reni, che aveva decretato la chiusura anticipata della carriera e lo aveva costretto al trapianto dell’organo.
Il gigante buono di Ovalia esce, così, dalla storia per entrare nella leggenda. Jonah Lomu può essere definito il primo esempio di rugbista moderno, l’anello di congiunzione fra il dilettantismo e il professionismo. Dotato di mezzi fisici straordinari, alto 1,96metri riusciva a muovere alla velocità di uno sprinter i suoi 115kg di muscoli. Doti fisiche accompagnate da disciplina e volontà ferree, requisiti fondamentali per entrare, giovanissimo, nel XV titolare degli All Blacks e diventarne in breve tempo un punto di riferimento, dentro e fuori dal campo. L’esplosività di Lomu venne presto notata dalle agenzie pubblicitarie che, spot dopo spot, ne crearono un’icona di fama internazionale.
Correvano gli anni ’90 e la diffusione della rete internet e della televisione di genere portò l’ala neozelandese in tutte le case. Il fenomeno Lomu procurò contratti, audience e, soprattutto, migliaia di nuovi appassionati. Un’onda di popolarità che avrebbe travolto chiunque, non il Gigante buono però. Jonah Lomu restò il ragazzone disciplinato che ricordavano al college, sempre disponibile a firmare un autografo, scattare una foto ricordo, sostenere ospedali pediatrici. Sembrava quasi preparato al suo destino, ha affrontato la vita e la malattia con la stessa tenacia con la quale affrontava gli avversari in campo, puntando dritto verso la meta. Ha dato tutto quello che poteva dare, senza mai risparmiarsi, fino a questa mattina, fino all’ultimo passaggio.
Francesco Pezzuto