Roma, 21 feb – La presidenza di James Pallotta verrà ricordata, a Roma, come quella che ha messo in discussione tutti i pilastri identitari della società giallorossa: prima la querelle sul simbolo, reso più “cool” a dispetto della tradizione. Poi la rottura totale con la curva, che al di là di tutto rappresentava un punto di riferimento passionale di non secondaria importanza. Ora arriva il clamoroso caso Totti, che in realtà esplode fra giocatore e tecnico, ma che vede la dirigenza clamorosamente colpevole di assenza ingiustificata.
I fatti: il capitano della Roma rilascia un’intervista a RaiSport in cui esprime la sua amarezza per la scarsa considerazione arrivatagli da Spalletti: “Con lui – dice – ho un rapporto di buongiorno e buonasera, mi aspettavo che certe cose che ho letto sui giornali me le dicesse in faccia”. E ancora: “Così non riesco a stare, la panchina mi fa male, capisco che alla mia età si giochi meno: ma finire la carriera così è brutto per l’uomo e per quanto dato alla Roma. Forse si poteva gestire meglio, sarebbe un bene per tutti”, spiega il capitano giallorosso, che chiede di “avere un po’ più di rispetto per quello che ho dato a questa società e a questa squadra: ho la faccia davanti a tutti”. Paradossalmente, mentre uscivano queste dichiarazioni Spalletti annunciava in conferenza stampa che contro il Palermo il capitano giallorosso sarebbe partito dall’inizio.
Lette le frasi del giocatore, però, Spalletti gliene ha chiesto conto a Trigoria: lo ha convocato durante la colazione di squadra e gli ha comunicato che avrebbe potuto tornarsene immediatamente a casa. Totti cacciato da Trigoria: peggio che se lo avessero buttato fuori di casa. I romanisti, ora, si dividono: conta più l’equilibrio del gruppo e il rispetto delle gerarchie o la storia sportiva del calciatore di gran lunga più rappresentativo di tutta la storia giallorossa? Di sicuro c’è solo che lo scontro avviene in un deserto dirigenziale, dove non c’è nessuno a fare da mediatore fra i due caratteri forti di tecnico e giocatore o anche a fare in modo che la lite non diventi un caso pubblico, come in effetti è stato, con la notizia rimbalzata sui siti di mezzo mondo. Difficile capire, da Boston, che il calcio non è un business come tutti gli altri.
Giorgio Nigra