Roma, 23 feb – Sabato 22 febbraio si è svolto a Roma, presso la Libreria Horafelix, il IV convegno del Centro Studi KulturaEuropa dal titolo “PotenzaEuropa-Linee costituenti per costruire l’Europa”, con un grande successo di pubblico, sia in sala che collegato in diretta sui canali multimediali. Il dibattito, che ha visto la partecipazione di numerosi esponenti del Centro Studi è stato moderato da Massimo Maria Amorosini che ha così sintetizzato i temi del Convegno: «Viviamo in un contesto di cambiamenti profondi, quali sono le idee portanti per costruire una nuova Europa in grado di rispondere alle nuove sfide?».
Una sfida per l’Europa
Il primo relatore intervenuto, Carlomanno Adinolfi, ha affermato che l’Europa stessa è il primo principio. Un principio che si articola nel mito e nel futuro. Nel mito che è la sua radice; nel futuro, perché l’Europa va creata; dunque, non l’Europa dei nostri padri, ma l’Europa dei nostri figli. Essa deve seguire l’accelerazione della storia con una precisa idea del mondo che si può affermare in questo momento di crisi del mondo woke. Il nuovo modello capitalistico nord-americano segna un’irruzione di ‘barbarie’ che potrebbe aprire la via a una rinascita spirituale europea. L’elezione di Trump potrebbe essere una sorta di “sveglia” per l’Europa; anche perché l’Europa serve agli USA sul piano della politica internazionale, ma soltanto se essa saprà divenire un soggetto politico evitando, così, di “implodere”. Ferdinando Viola ha quindi individuato due cause della crisi evidente della rappresentanza, i cui effetti stiamo verificando con chiarezza in queste settimane: nel tempo i cittadini di tutte le nazioni europee hanno capito che il loro voto aveva pochi effetti e ne hanno concluso che la politica è inutile, dato che le logiche delle decisioni che contano sono logiche prettamente economiche, non politiche. Questo ha condotto alla crisi della democrazia liberale rappresentativa: chi eleggiamo non si sente legato al territorio, ma si sente legato soltanto al partito che lo fa eleggere. Occorre, pertanto, un nuovo modello partecipativo fondato sul rapporto con il territorio. Ma il nodo essenziale è quello di una nuova scuola che sia collegata a una identità e a un retaggio europeo.
Economia, lavoro e welfare. Per un Europa sociale
Per Marco Massarini il problema dell’impoverimento dei ceti medi è legato al momento di crisi economica e demografica attraversato dall’Europa. Come conseguenza del declino della classe media, le risorse si concentrano nelle mani di pochi. I competitors dell’Europa (USA e Cina), inoltre, hanno una crescita economica e una crescita demografica assai diversa. Occorre ridiscutere il concetto di ceto e passare da una nozione di ceto come configurato in termini di impiego e reddito ad uno basato sul fattore generazionale. Infatti i più giovani sono coloro che si trovano in maggiore difficoltà in Europa. Mentre in Europa la classe dirigente proviene dai baby-boomer e dalla generazione “X”, la generazione più giovane si trova marginalizzata. Occorrono, quindi, politiche di lungo periodo a vantaggio delle generazioni più giovani. Francesco Guarente ha affermato che l’unico sistema in grado di favorire maggiore equità e sostenibilità è il sistema partecipativo; si tratta di far ruotare la società attorno al lavoro, non soltanto attorno all’impresa, si tratta di realizzare attraverso la partecipazione un nuovo modello aziendale e produttivo europeo in un modello di economia mista che costituisce una delle caratteristiche della “costituzione economica” europea. Occorre rieducare al lavoro e all’idea del sacrificio, pur utilizzando come ammortizzatore sociale il “reddito di cittadinanza”. Non solo, la partecipazione deve innervare le strutture della società ed uscire dal luogo di lavoro per assumere un ruolo di principio generale sociale.
Una costituente europea
Beppe Scalici muove dalla constatazione del recente cambiamento del quadro geopolitico mondiale. Il cambiamento potrebbe essere “cavalcato” dall’Unione Europea, se essa fosse uno Stato, anziché una mera alleanza economico-commerciale. Non abbiamo una costituzione europea, né abbiamo una politica estera europea: l’Alto Rappresentante conta ben poco perché prevalgono sempre i vari governi nazionali; quindi l’Unione Europea non ha una voce unica. Si propone una articolazione costituzionale che parte dall’esistente, con una Camera dei Popoli, una Camera degli Stati, una Corte di Giustizia e, quale motore della legislazione, la Commissione Europea (con competenze tecnico-scientifiche). Il problema, tuttavia, è quello di giungere alla formazione di un potere costituente, il problema è quello della volontà politica.
La transizione energetica e la regressione demografica
Gian Piero Joime ha sostenuto che il Green Deal europeo, nato nel 2019 ha portato, in definitiva, al bonus monopattini, anziché ai mini-reattori nucleari; il patto sociale sul clima è stato attuato con lentezza estrema a differenza delle disposizioni rapidamente attuate negli USA e in Cina. In Europa il tempo passa in concertazioni che, richiedendo molto tempo, penalizzano la competitività. Quello che manca all’Europa è il dinamismo; la mancanza di dinamismo porta a essere dipendenti dai
prodotti statunitensi, indiani, cinesi, giapponesi e incentiva moti di deindustrializzazione. Occorre mettere da parte i contrasti egoistici e coltivare, anche sul piano industriale un’idea mitica del futuro. Su questo punto in particolare, l’analisi di KulturaEuropa si sofferma da tempo poichè intravede in alcuni settori dell’imprenditoria europea un possibile soggetto di contraddizione con i competitors statunitensi, cinesi e dei paesi emergenti e la sua potenziale funzione di vettore per la possibile unità europea. Vittorio de Pedys si chiede se l’Europa possa ancora assurgere a un ruolo di primo piano e sostiene che questo non è possibile, se non si corre rapidamente ai ripari. Questo sia per ragioni demografiche, sia per l’aumento cospicuo della distanza economica tra Europa e USA, sia per le ricorrenti politiche di delocalizzazione industriale, per la percentuale di dazi tuttora presenti tra Stati europei e per la relativa trascuratezza del settore della piccola manifattura. Si aggiunga che la domanda è stagnante in Europa perché il potere di acquisto è quello che è. La classe media regredisce sia per la bassa crescita, sia per la mancanza di meritocrazia.
Idee per l’Europa politica
Marco Scatarzi concentra l’attenzione sulla necessità, per l’Europa, di passare dalla burocrazia alla politica, dal governo delle cose al governo delle persone. L’Europa deve tornare ad avere una politica, perché, nonostante le previsioni di trent’anni e più fa, il mondo lo manda avanti soltanto chi fa politica. Se il fine è la potenza, allora dobbiamo riappropriarci della nostra sovranità continentale e della nostra identità, con un immaginario condiviso. Trump ha una narrazione: rifare grande l’America; anche la Cina ha una sua narrazione: riprendere l’etica confuciana; la Turchia si riscopre “ottomana”. E l’Europa? In conclusione, il Convegno ha indicato con chiarezza la strada da intraprendere necessariamente per ridare centralità ad un’Europa che non voglia essere marginalizzata nel prossimo futuro: un’integrazione politica che porti ad uno Stato Europeo attraverso meccanismi di decisione rapida e senza veti (abolizione del voto ad unanimità) su materie rilevanti comuni quali: politica estera, difesa, energia e il completamento dei processi di integrazione in materia fiscale, bancaria e dei sistemi partecipativi e di welfare. L’adozione di procedure decisionali rapide e la ripresa di un “mito europeo” anche nel campo della progettazione e dell’imprenditoria industriale che possa svolgere il ruolo di volano, non solo economico, ma di vero e proprio slancio prometeico della nuova Europa dei nostri figli. Gli atti del convegno saranno presto disponibili in forma di volume collettaneo per i tipi di Passaggio al Bosco edizioni, mentre nel frattempo lo svolgimento integrale della Conferenza è consultabile sul canale Youtube di KulturaEuropa e sull’omonima WebRadio.
Centro Studi Kulturaeuropa