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Renzi e l’immigrazione: ecco come continua a prendere in giro gli italiani

by Claudio Perconte
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Roma, 8 lug – Un’anticipazione del libro Avanti di Matteo Renzi si è trasformata in poche ore in un clamoroso autogol, sconfessando anni di politiche migratorie sciagurate e sonoramente bocciate dall’elettorato alla recente tornata elettorale. Partiamo da un presupposto: l’immigrazione ben regolamentata può essere una ricchezza, ma l’immigrazione selvaggia è un crimine, sia nei confronti di chi accoglie, sia nei confronti di chi migra, illuso dalla falsa promessa di porre fine alle sue sofferenze.

Nel 2013 la popolazione dell’Africa era di 1,1 miliardi, nel 2025, nel giro di appena dodici anni, questa passerà a 1,5 miliardi. Una crescita demografica esponenziale corrisponde ad una pressione migratoria sempre più incontrollabile ma Renzi non ha tuttavia compreso la realtà evidente e tangibile, bensì ha fatto un mero calcolo elettorale sconfessando e sbugiardando se stesso, con una giravolta che farebbe arrossire anche il Gianfranco Fini dei tempi migliori (o peggiori, s’intende).

Il 27 Giugno 2016 in un memorabile Consiglio Europeo, Matteo Renzi esordiva così: “Le nostre battaglie in Europa non erano per l’interesse dell’Italia, ma perché ritenevamo fossero interesse dell’Europa”. Cos’è cambiato da quel giorno? Nulla, il Partito Democratico ha continuato imperterrito a non fare gli interessi degli italiani, andando a piangere di tanto in tanto, miseria ed austerity a Bruxelles. Tuttavia, le batoste elettorali hanno imposto un cambio di passo per ingannare gli elettori. Renzi non è uno statista, né tantomeno un politico, è una diva da cabaret contestualizzata nell’era dei social, nell’ossessione del consenso, in cerca di applausi (mi piace) ed elogi (condivisioni), atti ad accrescere il suo smisurato narcisismo. Cosa ricordare di tre anni di governo? Ottanta euro, mancette elettorali ai diciottenni pre-referendum e poi? Dove sono le riforme strutturali che uno statista farebbe? Quando ci siamo rassegnati all’idea che la politica debba lavorare in funzione delle prossime elezioni e mai delle prossime generazioni?

Nelle ultime settimane una sfilza di politici – da Berlusconi a Renzi passando per Di Battista – ha fatto propria l’idea di un piano d’investimenti per l’Africa, una sorta di “Piano Marshall” per la crescita del continente africano al fine di diminuire la pressione migratoria sull’Europa. Eppure questa soluzione, dettata dal buonsenso, motore e anima di quella che dovrebbe essere la politica, è stata lungamente demonizzata e vigliaccamente tacciata quando a spiegarla erano Simone Di Stefano o Matteo Salvini, quest’ultimo con il rude “a casa loro”, neo slogan di una pseudo sinistra allo sbando tra giravolte e contrordini. Nessuno s’illuda che questi continui cambi di posizione siano il fiorire della verità sulle labbra del nemico, perché i politici vanno giudicati per ciò che fanno, non per quello che dicono, e anni di politiche immigrazioniste a tutti i costi, sono più che sufficienti a giudicare come sciagurati gli ultimi governi.

Claudio Perconte

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