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Quell’ipocrisia della sinistra che accusa la destra di omofobia: il caso Plebe

by Lorenzo Zuppini
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Roma, 29 ott – La narrazione di una destra, di governo e non, omofoba e odiatrice delle libertà sessuali fa a cazzotti con la realtà storica che racconta una verità opposta. Accadde con Armando Plebe, filosofo dalle origini marxiste, autore nel 1967 del libro Che cosa ha veramente detto Marx ed entrato poi nell’alveo della destra sociale di Almirante agli inizi degli anni ’70.

Il caso di Armando Plebe

Era un pensatore brillante e mai banale, tanto che Almirante lo volle alla guida del Fuan e gli assegnò la guida del settore cultura del Msi. E, oltre a ciò, Plebe era anche bisessuale. Lo era senza tanti fronzoli, senza vergognarsi di un suo gusto sessuale che atteneva alla sfera privatissima della sua esistenza. Tanto che in Memorie di destra e memorie di sinistra, autobiografia da lui scritta, ne parla apertamente. Addirittura, quando Plebe era a capo del Fuan, ebbe una rapida avventura di una notte con un giovanotto conosciuto alla stazione Termini di Roma. Era il 1977 e qualcuno riuscì a fotografarlo nel tentativo successivo di ricattarlo. Giorgio Almirante ne pretese le dimissioni non certo per il suo libertinaggio sessuale, bensì perché riteneva inappropriato che un personaggio sotto ricatto ricoprisse un ruolo dirigenziale nel partito. Oltretutto, stette vicino ad Armando Plebe durante questa sua disavventura gossippara, sia amichevolmente e sia praticamente per aiutarlo a liberarsi dal ricatto subito.

Taluni contestarono a Plebe, nel tempo, il suo passato marxista e il suo ruolo di “purificatore” del Msi, come se la destra di Almirante fosse un guazzabuglio di bifolchi bisognosi di un percorso di civilizzazione. Mai e poi mai qualcuno ha contestato ad Armando Plebe la sua attività sessuale ormai nota, sapendo sapientemente distinguere l’ambito pubblico da quello privato. Il primo, contestabile; il secondo, inattaccabile.

Quella mania della sinistra che pretende di disporre della vita privata degli individui

D’Annunzio, all’epoca di Fiume, promulgò la Carta del Carnaro che rappresentò una costituzione all’avanguardia sotto vari aspetti, uno fra tutti la sacralità della proprietà privata. Decenni dopo, la costituzione “più bella del mondo”, quella nata dalla resistenza ecc. ecc, neanche si avvicinava alla carta dannunziana in fatto di tutela della libertà individuale al riparo dalle ingerenze statali. Ed è noto che a Fiume, durante quel periodo, vigeva il più ampio libertinaggio sessuale possibile. Non che fosse prescritto dalla legge, dato che le leggi abbondano negli stati corrotti. Era però uso comune che le persone si sentissero libere di vivere la propria sessualità senza fronzoli e senza timore della morale dei moralisti. D’Annunzio stesso era solito trovare in giro per la città suoi fedeli soldati intenti sfogare le proprie pulsioni a destra e a manca, con giovanotti e con donzelle.

Altro che omofoba e reazionaria. La destra genericamente intesa è sempre stata dalla parte della libertà individuale e contro i fendenti che il potere pubblico gli mena contro. La sinistra d’oggi, invece, tende a voler legiferare sugli aspetti più privati di ognuno di noi, stabilendo inoltre che i desideri personali possano essere trasformati in diritti inalienabili dell’uomo tramite un tocco di bacchetta in parlamento. Ignorando il fatto che, in tal modo, un tocco di bacchetta contrario potrebbe sottrarre tali diritti alla disponibilità degli individui che ne godono. Dovrebbero invece imparare a parlare di libertà, e di libertà preesistente allo Stato che nessun parlamentare può creare o distruggere. La mania legislativa della sinistra nasconde, e neanche tanto bene, il desiderio di disporre della nostra vita, della vita degli individui.

Lorenzo Zuppini

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