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Quell’8 settembre che la sinistra tenta (senza successo) perfino di rivalutare

by Stelio Fergola
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8 settembre 1943

Roma, 8 sett – L’8 settembre 1943 è la data della morte della Patria, come sa chiunque sia dotato di un minimo di sale in zucca, a prescindere da qualsiasi convinzione politica ed ideologica. D’altronde, in ottant’anni di secondo dopoguerra, se c’è stato almeno un punto di minima concordia collettiva, si è concentrato esattamente su quello sciagurato giorno. L’Italia, con quella resa incondizionata, praticamente perdeva la sua indipendenza nazionale, accettando de facto un futuro subalterno o da colonia (tedesco o americano che fosse). Ora, 8 settembre e 25 aprile vanno a braccetto, perché il secondo giorno non c’è senza il primo. E a sinistra lo sanno bene: da qui, negli ultimi anni, un curioso quanto imbarazzante tentativo si fa largo sulla stampa “antifà”…

L’8 settembre che qualcuno tenta perfino di rivalutare

Ci prova ovviamente Repubblica, ci prova Domani. Senza urlare, perché sarebbe impossibile farlo. Dovendo elaborare una metafora sportiva, sarebbe un po’ come se si dovesse ricordare la sconfitta per 4 a 0 della nazionale di calcio nella finale degli Europei 2012 con gioia. Oppure come ricordare la sconfitta tragica di una guerra come se fosse una vittoria. Ops, già è accaduto, dirà qualcuno, con il 25 aprile. Ma fino a che la datazione riguarda un momento “periferico”, non diretto, il giochino può funzionare. In questo caso, è davvero dura. Trasformare un armistizio di quel genere in un successo, beh, forse è un’impresa impossibile anche per la cultura dominante. Su Repubblica si è costretti a pubblicare un pezzo dal titolo Gli italiani lasciati senza uno Stato, salvo poi, in altro articolo, sottolineare che “fu l’inizio della Resistenza che portò alla nascita dell’Italia democratica”. Ci prova in modo più deciso, quasi ostentato, Domani, asserendo nel suo approfondimento che “L’Italia non ha mai fatto i conti con una data complicata, nascosta dal passaggio dalla parte giusta della guerra”. Insomma, la solita parte giusta.

Una data che è “come Mussolini”

L’8 settembre è come Benito Mussolini. Chiaramente, non nel giudizio di valore, ma nell’ottica della propaganda di regime divenuta sempre più soffocante in 80 anni. Dalla fine della seconda guerra mondiale fino ai giorni nostri, la cultura dominante ha tentato ossessivamente (in alcune fasi storiche in modo più energico, in altre di meno) di formare gli italiani all’immagine manichea di un Duce malvagio e tiranno. Insomma, al classico cattivo a cui non può essere attribuito alcun merito (d’altronde, negli ultimi anni, questa tendenza è diventata ancora più demenziale, se pure il presidente della Repubblica Sergio Mattarella era arrivato a parlare di storia in modo così infantile e bambinesco o se il sito ufficiale dell’Inps fa di tutto per anticipare a caso la sua data di fondazione addirittura al 1898). C’è un dettaglio: si tratta di un’operazione che non ha funzionato, che continua a non funzionare. A dimostrare il suo fallimento c’è proprio l’insistenza – spesso, appunto, davvero demenziale – della stampa e degli organi mainstream sulla questione. La verità è che la maggior parte degli italiani non ha un’opinione negativa di Mussolini e del fascismo, senza per questo essere ovviamente fascisti o senza santificarli. Semplicemente, si limita a constatare ciò che la storia ha lasciato, troppo evidente da poter essere addirittura ignorato. Poi, che questa maggioranza di italiani sia silente, sottomessa, desiderosa di non avere alcun tipo di rogna, è un altro discorso. Ma la propaganda incessante non è riuscita a cancellare la memoria. Quando il peso storico di un periodo è così imponente, forse, è impossibile farlo.

Allo stesso modo vale per l’8 settembre: è praticamente impossibile inquadrarla come una data anche solo neutra della storia italiana, vista la sua tragicità obiettiva, al di là di qualsiasi bandiera ideologica o colore politico. Tuttavia, a sinistra, qualcuno ci prova. E la ragione è semplice: il legame indissolubile che unisce quella sciagura agli sviluppi successivi e anche alla cosidetta “resistenza”. Quindi, meglio tentare di recuperarla in qualche modo, nonostante l’imbarazzo. Ma è una missione fallita in partenza. Se è fallita quella su Mussolini, figuriamoci se può riuscire anche la semplice idea di un progetto che dovrebbe fondarsi nientemeno che su quell’icona di stabilità e onore da Brancaleone rispondente al nome di Pietro Badoglio.

Stelio Fergola

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