Roma, 20 dic – Ove ancora sussista, lo Stato prende dopo il 1989 a riconfigurarsi come un’azienda tra le tante. Cioè come una società per azioni – così lo intende, tra gli altri, Nozick – retta dalla logica concorrenziale e dalla riconfigurazione dei diritti garantiti in merci disponibili secondo il valore di scambio. In Italia, questo esiziale processo si avviò dopo il 1989 con il ventennio di Silvio Berlusconi (1994-2013): era ora direttamente la figura dell’imprenditore e del manager d’impresa al governo in luogo dei politici, con annessa politica neoliberista di adattamento consensuale delle nuove plebi flessiblizzate alla società dei consumi e dello spettacolo televisivo permanente, con le sue conclamate finalità di sradicamento sociale collettivo e con la sua tendenza – come suggerito da Baudrillard – “individualizzante, desolidarizzante, destoricizzante”. Integralmente deeticizzato, lo Stato al servizio del mercato – e non più limitante il mercato – diventava a tutti gli effetti, secondo l’analisi marxiana, il comitato d’affari dei ceti possidenti.
La politica diventava marketing, nella forma di un’immensa televendita in cui, nelle elezioni pubblicitarie, gli elettori ridotti a consumatori di voti potevano acquistare il prodotto meglio reclamizzato e più seducente sul piano estetico-televisivo. Da difensore etico della comunità nella sua composizione diversificata, lo Stato veniva ridefinito come semplice garante dell’interesse privato capitalistico con annessa delegittimazione di ogni politica economica non liberista, senza riserve esorcizzata come “statalista” e “comunista”. In apparenza, la politica imprenditorializzata di Berlusconi aspirava a tutelare gli interessi dell’“azienda Italia”, secondo il nuovo lessico introdotto dal Cavaliere, perfettamente espressivo dell’ormai avvenuta aziendalizzazione integrale del reale e del simbolico: in verità, difendeva unicamente gli interessi privati dell’azienda Mediaset di Berlusconi stesso, secondo la logica della privatizzazione competitivistica e della ridefinizione della politica come mera continuazione dell’economia.
La funzione di Berlusconi fu strategica, perché permise la ridefinizione integrale della politica come privatizzazione antistatalista (con delegittimazione come “comunista” di tutto ciò che non era affine) e la ridefinizione della sinistra come antiberlusconiana e non più anticapitalista. Era, così, rimosso dal dialogo politico ogni riferimento reale alla condizione sociale ed economica del Paese e alle contraddizioni capitalistiche. La contraddizione, per le sinistre, cessava di essere il capitalismo (al quale esse si erano disinvoltamente convertite) e prendeva a essere il cavaliere Berlusconi quale emblema di una cattiva e disonesta gestione di un capitalismo di per sé buono. L’ho detto e lo ridico: in quel ventennio, peggio dei berlusconiani furono solo gli antiberlusconiani. Le strategie della privatizzazione, dietro la retorica dell’efficienza e della concorrenza (favorite da una capillare opera di demonizzazione mediatica di tutto ciò che privato non è), occultano e diffondono come giusto e naturale l’orientamento dell’impadronimento privato delle risorse pubbliche e delle funzioni statali, senza incontrare resistenza da parte dell’opinione pubblica manipolata e organizzata in modo da indurre il Servo ad amare le proprie catene.
Tutto questo finché nel 2011 il Cavaliere non venne deposto con un osceno colpo di Stato finanziario voluto e gestito dai Mercati e dalla Ue. Il colpo di Stato che, per intenderci, portò in Italia al potere la giunta militare-economica degli euroinomani capeggiati da Mario Monti, il fiduciario dei mercati speculativi apolidi. La stupidità delle sinistre fu in quel caso quasi mistica. Ricordo uno stuolo di femministe isteriche che giubilavano per la fine di Berlusconi. Finalmente le donne saranno rispettate, ripetevano baldanzose. E mentre lo dicevano la giunta militare economica di Monti già stava alzando l’età del pensionamento femminile. Perché Berlusconi non andava bene ai cinici delle brume di Bruxelles? Il Cavaliere, certo, aveva un unico obiettivo: tutelare il suo interesse. E, per accidens, quel suo privatissimo interesse coincideva su molti punti con quello della nazione italiana: lavoro e geopolitica in primis. Difesa dell’impresa italiana e difesa dei buoni rapporti con la Russia.
Per questo occorreva sostituirlo con una cinica genia di euroinomani che non avessero alcun mandato democratico, né alcun punto di interesse comune con la nazione. Cosa accade adesso, nel 2018? Accade che Berlusconi torna in campo e difende i suoi aguzzini di Bruxelles. Nelle elezioni del marzo 2018, solo Berlusconi è riuscito a fare peggio del Pd. Avrebbe potuto difendere la dignità dell’Italia e anche la propria, rivendicando la sovranità nazionale contro i suoi aguzzini. E invece no. Più Europa e meno populismo erano le sue parole d’ordine. Ancora in questi giorni pregava, con tanto di candeline, affinché l’Inghilterra non uscisse davvero dalla Ue! Sindrome di Stoccolma? Forse. Egli sta amando coloro i quali l’hanno deposto nel 2011. Scenari futuri? Facilissimo. Pd e Berlusconi, cioè sinistra liberal e destra liberista unite in difesa del padronato cosmopolitico contro le classi nazionale-popolari.
Diego Fusaro
Più Europa e meno populismo. Berlusconi ora ama gli aguzzini che lo deposero nel 2011
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2 comments
Non condivido l’affermazione “suo privatissimo interesse coincideva su molti punti con quello della nazione italiana: lavoro e geopolitica in primis”, io credo coincidesse -solo in alcuni punti- e non bisogna dimenticare le straordinarie opportunità che sono state gettate al vento. Forse la politica estera è stato un elemento decisivo per seppellire il Governo eletto nel 2008, questa era infatti un poco piu’ autonoma ed indipendente: pensiamo ai rapporti con la Russia, la Libia e per esempio l’atteggiamento avuto nel corso della breve guerra tra Russia e Georgia.
La previsione di uno schieramento politico tra una destra liberista neo-con e una sinistra liberal è la ripetizione di quello che avviene da decenni negli Stati Uniti e che si ripropone in Europa appena si alza un vento di cambiamento di qualunque colore sia: il pericolo è che incrini il pensiero e la violenta imposizione dei poteri forti dominanti ora ammantati di diritti civili, umani, immigrazionismo ecc.
Il fatto che Berlusconi proponesse per candidato premier un tizio come Tajani -presidente del parlamento di Bruxelles … piu ultra’ di Moscerini (mix di Moscovici e Mogherini)… e fans dei gloriosi monarchi di baracca Savoia- la dice lunga su come sia orientato per presente e futuro l’ex presidente del Milan.
Mah, sono d’accordo in generale, ma voglio ricordare che le privatizzazioni le hanno introdotte volute e fatte i prodi e D’Alema, indipendente dal Berlusconi, che anzi a mio parere ha sempre avuto un approccio capitalistico molto “familistico”.
Il colpo di stato per così dire, è avvenuto poi in due fasi, la prima gia al tempo del trattato di Lisbona e guerra in Libia (dove Berlusconi è stato punito, e nuovamente era evidente il consenso PD alle politiche ammazza-ammazza degli euronato) e poi nella fase che ricorda il Fusaro.
Interessante il pensiero del lettore Giorgio!