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Alessia Pifferi, altri orrori sulla bimba morta di stenti. La chat con un 56enne: “Puoi baciarla”

by Cristina Gauri
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Roma, 26 ott — Orrore si somma all’orrore: nuove accuse contro Alessia Pifferi, la madre della piccola Diana che la lasciò morire di fame, sete e caldo dopo averla  abbandonata per una settimana per poter stare con il proprio compagno. Nel contesto di una vicenda già atroce di per sé spunta infatti l’ombra di presunti abusi sessuali sulla bimba. A ipotizzarlo è il pubblico ministero Francesco De Tommasi, che formula l’accusa di atti sessuali con minorenne (la bimba aveva solo 18 mesi) nei confronti della Pifferi e di un 56enne bergamasco.

Alessia Pifferi fece abusare sua figlia da un cliente?

«Posso baciare anche lei?». «Lo farai». Questo il tenore di alcuni dei messaggi scambiati in chat dai due e acquisiti dagli inquirenti dopo aver esaminato il cellulare della donna. L’uomo era stato perquisito nella mattinata di martedì 25 ottobre dagli investigatori della squadra Mobile. Le forse dell’ordine erano arrivate a lui analizzando le chat sullo smartphone della Pifferi, dalle quali emergere che la 37enne accusata di omicidio offriva prestazioni sessuali in cambio di denaro a svariati uomini. Uno scambio di messaggi in particolare era finito sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti: proprio quella con il 56enne, residente in provincia di Bergamo.

In tale scambio di messaggi a esplicito contenuto erotico l’uomo avrebbe fatto specifica richiesta di poter baciare la piccola Diana, ottenendo l’immediato consenso della madre. «Lo farai», gli aveva risposto. L’uomo, ora indagato con la donna, è stato perquisito dai poliziotti e dispositivi quali cellulari e pc sono stati sequestrati per gli accertamenti del caso.

Una fine atroce

Alessia Pifferi aveva lasciato la bimba Diana, di soli 18 mesi, incustodita e priva di cure e assistenza per sette giorni, per poter raggiungere il proprio compagno, residente in provincia di Bergamo. La donna avrebbe abbandonato la piccola in un lettino da campeggio con un biberon di latte, dopo averle cambiato il pannolino. Diana era morta di fame e sete, sigillata in casa nel caldo torrido, in un’agonia durata la settimana dal 14 al 20 luglio. Dai racconti dell’accusata erano emersi altri particolari agghiaccianti: Diana era stata partorita in bagno dalla madre che non sapeva nemmeno di essere incinta fino a poco tempo prima del travaglio. Senza padre, era costretta a dormire nel passeggino.

Non era nemmeno stata battezzata: la madre aveva organizzato un festa per il suo battesimo, che non avvenne mai. Alessia Pifferi l’aveva utilizzata come pretesto per scroccare regali ad amici e conoscenti. La bimba era uno strumento per muovere a compassione parenti e vicini di casa.

Cristina Gauri

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