Roma, 24 gen – Con la mostra Il tempo del futurismo sono riemerse polemiche vecchie e nuove, un innesco che ha fatto deflagrare una volta di più l’attenzione sul movimento fondato da Filippo Tommaso Marinetti alle soglie del ‘900. Così l’annosa questione del coinvolgimento futurista nel fascismo è tornata ad essere dibattuta in lungo in largo. Una questione rinfocolata anche dall’attuale scenario politico, con la destra al governo in Italia e vittoriosa un po’ ovunque. Senza contare personalità come Elon Musk che sembrano aver tolto ai progressisti l’esclusiva quando si parla di tecnica e futuro, rilanciando in qualche modo quello strano connubio tra la destra e la macchina che fu anche del futurismo.
L’articolo di Cazzullo su Boccioni e il futurismo
C’è chi accusa la mostra di non contestualizzare a sufficienza il contesto storico in cui il futurismo si mosse, senza quindi evidenziare o problematizzare i suoi rapporti con il fascismo, come a voler nascondere sotto al tappeto lo “scandalo” della sua contiguità al fascismo, e chi invece vorrebbe separare nettamente futurismo e fascismo, arte e politica. Ad esempio, sul Corriere della Sera Aldo Cazzullo risponde alla lettera di un lettore, che parlava di “infantile e retorica caccia al fascista” e dei due movimenti semplicemente come “coetanei”, dandogli sostanzialmente ragione. Cazzullo ricorda come il futurismo viene prima del fascismo, con uno dei suoi protagonisti come Umberto Boccioni che “con il fascismo non c’entra nulla”, mentre un artista del calibro di Mario Sironi, “fedele al Duce sino a Salò”, non è annoverato tra i firmatari del Manifesto del futurismo. Fatti sicuramente veri ma che spiegano poco: Boccioni morì in guerra nel 1916, quindi prima della fondazione dei Fasci di combattimento, e comunque Sironi ebbe rapporti con il futurismo, in particolare proprio con Boccioni. Cazzullo sembra attribuire a Marinetti il grosso delle responsabilità Per fortuna, ritagliandoli un ruolo migliore di quella specie di balena arlecchina e spocchiosa con cui è stato ritratto nella serie M. il figlio del secolo. Ma comunque mantenendo una certa ambiguità e mettendolo in una sorta di opposizione interna a Mussolini, insieme a Gabriele D’Annunzio, Italo Balbo, Margherita Sarfatti.
Un caso di “occultamento”?
Sicuramente l’atteggiamento di Cazzullo è preferibile agli isterismi paranoici di chi vorrebbe appiattire il futurismo a una sorta di arcidiavolo del grande Satana fascista, ma è lo stesso problematica. Il futurismo non è principessa da salvare e il fascismo non è un orribile drago. Senza contare poi quanto le storie dei due movimenti siano intrecciate, con un esponente di spicco del futurismo come Mario Carli, ad esempio, che rivendicava con orgoglio l’equazione tra futurismo, arditismo e fascismo. Quello di Cazzullo è un errore che vediamo molto spesso commettere alle destre ed è quello di cercare di salvarsi – in questo caso di salvare il futurismo – dalle accuse degli antifascisti con un eccesso di defascistizzazione, quello che Giorgio Locchi nel suo L’essenza del fascismo avrebbe definito “occultamento”. Un tira e molla che però non dice nulla su quello specchio deformante che è l’antifascismo e che rischia di togliere al fascismo ogni profondità. Gli assunti dell’illegalità del fascismo, del suo essere un male assoluto, un crimine più che un’opinione, una barbarie senza ideali, non vengono minimamente messi in discussione, ma anzi confermati da entrambe le parti. Un problema che non riguarda solamente chi fascista lo è o lo vorrebbe essere, perché l’uso dell’antifascismo come forma di demonizzazione e squalifica politica non ha confini di sorta, nemmeno quelli imposti dalla realtà dei fatti.
Michele Iozzino