Collecchio, 29 gen – Parmalat si prepara ad abbandonare l’Italia. La cabina di regia del gruppo emiliano non sarà più a Collecchio. L’azienda, fondata nel 1961 da Calisto Tanzi, sarà gestita direttamente da Laval in Francia, la sede di Lactalis. Secondo Il Sole 24 Ore la multinazionale francese (che possiede il 97% del capitale del gruppo di Collecchio) ha approvato una riorganizzazione mondiale: all’interno del gruppo nasceranno nove divisioni, di cui tre di prodotto (Formaggi, ingredienti e prodotti freschi), cinque geografiche e una dedicata all’export. In sintesi, ogni attività del colosso dell’agroalimentare transalpino sarà gestita da manager francesi direttamente dal quartier generale sito nella cittadina del Nord-Ovest della Francia. La notizia non deve stupire nessuno.
Un fallimento per il capitalismo italiano
La storia di Parmalat rappresenta una dei più grossi fallimenti del capitalismo italiano. Vediamo perché. All’inizio degli anni sessanta un piccolo imprenditore emiliano porta in Italia l‘invenzione svedese del latte Uht che si mantiene per mesi e sta in un contenitore di carta mai visto prima chiamato Tetrapak. La richiesta del nuovo prodotto crebbe a dismisura negli anni settanta e ottanta, ciò permise a Parmalat l’acquisizione di molte società in Europa, America Latina e Africa. Fin qui nulla di strano. Ad un certo punto, però il settore caseario comincio ad andare stretto al Cavaliere Tanzi. Così, grazie alla sua abilità imprenditoriale e al legame politico con la Dc (in particolare Ciriaco De Mita), diventa editore di Odeon e padron del Parma Calcio. La crescita del gruppo con tutti i suoi satelliti sembra inarrestabile.
L’azienda si vantava di poter contare su una liquidità di 3 miliardi ma continuava ad emettere bond. Non ci volle molto a capire che la situazione non era quella sbandierata dal management di Collecchio. La mattina del 27 gennaio del 2003 il Cavaliere passa dalle stelle alle stalle. Calisto Tanzi viene arrestato per vari capi d’accusa tra i quali spiccano: aggiotaggio, e bancarotta fraudolenta. Tralasciando le vicende giudiziarie, possiamo dire che l’attrazione per la finanza di un imprenditore ha trascinato nel baratro migliaia di risparmiatori e stava per distruggere una delle grandi eccellenze italiane.
Gli scandali finanziari
Inizia così l’epoca del commissario Bondi. Fortunatamente lo scandalo finanziario non aveva intaccato l’apparato industriale ed il marchio che ancora appetibile. Il manager aretino era riuscito a farsi ridare dalle banche circa due miliardi, dimostrando che erano a conoscenza delle frodi di Tanzi. La cura Bondi aveva dunque funzionato lasciando però una preda troppo ghiotta per rimanere “senza padrone”. Arrivano così i francesi di Lactalis che già si erano divorati la Galbani. Il gruppo transalpino (con un rastrellamento in Borsa coordinato da Mediobanca e una successiva Opa) acquistò oltre l’80% delle azioni e divenne proprietario di Parmalat, con la promessa che l’avrebbe trasformata nel polo europeo del latte. Le cose come abbiamo visto stanno andando diversamente.
Forse per capire bene quello che ci sta sfuggendo di mano dobbiamo fornire qualche cifra. Il gruppo emiliano è tra i leader mondiali nella produzione e distribuzione di latte, dei suoi derivati (yogurt, condimenti a base di panna, dessert e formaggi) e di bevande a base di frutta. Nel 2017 ha generato ricavi per oltre 6,6 miliardi di euro, di cui quasi il 60% nelle Americhe (39% America del Nord e 20% America latina). Le vendite in Europa (17% del totale), contano esattamente come le vendite in Oceania. Quindi si tratta di un gruppo totalmente internazionale, tanto è vero che i dipendenti italiani sono solo 1.900 su un totale di 26.000, con 10 stabilimenti in Italia su un totale di 93 siti produttivi.
Da oggi, il settore agroalimentare italiano è ancor più debole, e purtroppo i principali responsabili di questo disastro parlano perfettamente l’italiano.
Salvatore Recupero