Roma, 25 gen – “Sono tornato a casa, questo è il giornale dove mi sono fatto le ossa, questa è la famiglia politica che speravo si riunificasse da tutta la vita”. Parola di Francesco Storace, già ministro e presidente della Regione Lazio, neodirettore del Secolo d’Italia, che abbiamo intervistato per sapere come sarà il “suo” Secolo ma anche per fare il punto sulla destra italiana e sulle elezioni europee.
Ritorno al Secolo, dove ha iniziato la carriera di giornalista. Stavolta da direttore…
Il Secolo d’Italia è la palestra dove mi sono formato, sono diventato giornalista professionista nel 1986. Poi le cronache dal Parlamento, per arrivare a fare il capo ufficio stampa del Movimento Sociale Italiano a partire dal 1991.
Tre cose da fare per il Secolo?
Innanzitutto definire e declinare una nuova linea editoriale, da proporre ai lettori. Poi stiamo lavorando a ulteriori innovazioni tecnologiche per potenziare ulteriormente il giornale online, la sua visibilità e la sua diffusione. Terza cosa, creare una rete di volontari del Secolo. Quelli che una volta erano gli strilloni, che lo vendevano in piazza. Oggi lo si diffonde attraverso i link suoi social. In tal senso troveremo forme di partecipazione online.
Il Secolo e Fratelli d’Italia. La stampa, che generalizza per ragioni di sintesi, potrebbe dire che il quotidiano che dirige è l’organo di FdI: sarebbe corretto?
Il Secolo è il quotidiano della Fondazione Alleanza Nazionale. Poi è ovvio che sul piano della politica, la vicinanza con le idee di FdI si rifletterà anche nel giornale. Questo non vorrà dire non dare spazio ad altri, però. Quindi non organo di partito ma la casa che vuole radunare la destra italiana. E se c’è un partito in forma organizzata che dà voce alla destra è Fratelli d’Italia. Nessuno può negarlo.
C’è una continuità dal Msi passando per An fino a FdI? Si sente ancora nella stessa famiglia politica?
Assolutamente sì. Questa riunificazione di una famiglia politica io la inseguo da una vita. Da quando è iniziata l’odiosa diaspora di Alleanza Nazionale. Quello che è successo ad An ha rovinato anche la stessa bontà dell’intuizione. Quindi capisco perché al congresso Giorgia Meloni ha proposto una netta cesura con An. Questa casa di cui parlo quindi può ospitare anche chi ha fatto quel percorso di gioie e dolori, anche dal punto di vista morale.
Il simbolo della fiamma un po’ litigato in questi anni ricorda quello che avvenne con lo scudo crociato della Democrazia Cristiana. E’ giusto che la fiamma che fu del Msi oggi campeggi nel simbolo di FdI?
Sì. Anche se la simbologia ha sempre meno effetto. Basti guardare a chi da destra vota la Lega: lì la fiamma non c’è.
Ma questi elettori votano Salvini più che la Lega. Non crede che lo voterebbero anche se fosse nel Pd?
Sì certo. Nel caso di Salvini, a destra ci sono elettori quanto meno sbrigativi nelle loro scelte.
Europee di maggio: sovranisti-populisti, ossia chi dà voce ai cittadini, contro l’establishment, le oligarchie della finanze dei tecnocrati Ue e chi le sostiene. Un appuntamento con la Storia?
Ogni elezione sembra un giudizio di Dio. Queste elezioni sono sicuramente importanti perché si rimette in discussione un pezzo di Storia. Credo che da questo tipo di destra, da quella in cui mi riconosco, ci possa essere una risposta a tante inquietudini. I candidati che FdI metterà in lista li sosterremo tutti con eguale passione.
Adolfo Spezzaferro