Manchester, 8 nov – “Gli Oasis erano come una Ferrari: bella da guardare, bella da guidare, ma sempre pronta a perdere il controllo”. I produttori della pellicola premio Oscar, Amy, tra i quali il genio indiscusso di Asif Kapadia, con alla regia Mat Whitecross hanno dato alla luce Oasis: Supersonic. Il lungometraggio è nelle sale italiane da ieri pomeriggio e ci rimarrà fino a domani sera. Tre giorni per ripercorrere tre anni. Dal 1993 al 1996. Dagli scantinati con le bustine d’erba in tasca ai concerti di Knebworth. Dal sussidio di disoccupazione a 250.000 spettatori. Dalle case popolari al paragone coi Beatles. Dal nichilismo all’autodistruzione. L’era pre-digitale messa sul grande schermo, senza sconti.
Liam e Noel. Noel e Liam. I fratelli Gallagher non avevano un piano, ma solo ambizione. Pura e semplice ambizione. Quando hai l’abbigliamento giusto, le Adidas ai piedi, vieni dalla terrace’s ed hai passato l’infanzia ad essere terrorizzato da tuo padre, sei una palla di fuoco pronta a tutto. C’è un’unione di sangue, due fratelli per certi versi biblici, che si annusano, ma non si riconosco, che si inseguono per correre verso lo stesso obiettivo. Essere il dio della musica. Da indie alla vetta. La rivelazione? Cosa serve essere una rivelazione quando sei la miglior band inglese di tutti i tempi? Cosa serve saper suonare la batteria – quello che dice Noel ad Alan White quando deve sostituire Tony McCarroll – quando hai l’attitudine Oasis?
Un treno che poteva fermarsi solo per un guasto meccanico. Lanciato inarrestabile tra le note di una generazione che non ha chiesto nulla ed in cambio ha ottenuto l’effimera polvere di stelle del tramonto dei tempi. Liam sei tu. Noel sei tu. A 17 anni sigaretta in mano, birra nell’altra, che all’alba di una nuova giornata non sorridi neanche al mondo perché tutto ti è dovuto. Se le cose non verranno sarai tu ad andartele a prendere. Ancora non sai che il destino spezza le vene delle mani, ma senti solo un fischio nelle orecchie e capisci che è venuto il momento di vivere. The Masterplan. “Please brother take a chance/ You know they’re gonna go/ Which way they wanna go/ All we know is that we don’t know/ How it’s gonna be”. Soluzione di continuità, il percorso è dritto davanti a te ed è venuto il tempo delle scelte.
Il futuro dirà di noi chi siamo, 20 anni cosa sono poi? Una rosario che vola via. Don’t look back in anger. Non c’è tempo da perdere con i rimpianti un’altra estate è alle porte. Il vento fresco degli anni ’90 tra chitarre, cocaina ed alcool si è spento. Sono rimaste solo le righe che opacizzano il presente. Gli Oasis sono stati una rissa, sono stati Begbie di Trainspotting. Si facevano di gente. Avevano bisogno di veicolare la rabbia dell’Occidente e farla esplodere in una Supernova. Champagne Supernova. Alla fine sono capitolati loro, nell’agosto del 2009, quando Noel ha salutato.
“How many special people change/ How many lives are living strange/ Where were you when we were getting high?”. Eravamo tutti lì e lo saremo ancora, anche se l’attimo è passato per sempre.
Il trailer, con i sottotitoli in italiano, del film Oasis: Supersonic
Lorenzo Cafarchio