Roma, 21 feb – Tempo di nomine per il governo. Nomine in società importanti, partecipate, ancora pubbliche. Rai, Enel ed Eni sono discusse molto in questi giorni. E gli ambienti dell’esecutivo gongolano.
Nomine, il governo passi all’azione
A parlare più di tutti è stato il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Matteo Salvini. Tutto è cominciato dai commenti suò Festival di Sanremo e dalla necessità, secondo il leader della Lega, di aprire “una riflessione sulla gestione Rai nel suo complesso”. Ma il ministro ha commentato altre questioni, riguardanti altre aziende strategiche come quelle energetiche, nella fattispecie Eni ed Enel, per cui servirebbe “un cambio di passo”: “È bene sottolineare che anche le grandi aziende di Stato come Eni ed Enel devono cambiare profondamente le loro politiche e il loro approccio alla modernità”. Dichiarazioni a cui siamo abituati ogni qualvolta vada al governo una forza non vicina alla sinistra, per così dire. Ma che viste le esperienze passate ci inducono a dire: caro governo, meno parole e più fatti. Dove i “fatti” non possono risiedere soltanto nelle nomine, ma in un lavoro molto più profondo e radicato in strutture che sono colonizzate da anni da chi domina questa Nazione.
Urlare non è una strategia molto furba
Dai tempi di Silvio Berlusconi che tuonava contro Michele Santoro e Daniele Luttazzi, la strategia di urlare non è mai stata molto furba. Soprattutto tenendo in considerazione il dominio nel mainstream e quella egemonia culturale che dopo decenni ancora non si riesce a scalfire. Dai tempi della Prima Repubblica, non è mai stato proprio dei più scaltri atteggiamenti, agire sulla Rai annunciandolo pomposamente (e un personaggio come Giulio Andreotti potrebbe insegnare molto in tal senso). Occorre lavorare in profondità, non solo nei quadri dirigenti, ma anche su chi è da anni impiantato in certe strutture. Nel maggior silenzio possibile: i sacerdoti politicamente corretti, con i loro potenti mezzi, sono sempre in agguato.
Stelio Fergola