Roma, 27 mar – Su queste pagine siamo sempre stati molto critici sul ministero dell’Istruzione di Giuseppe Valditara. E continueremo ad esserlo finché non noteremo un cambio di rotta al momento piuttosto lontano, per varie ragioni. Ma su un punto dobbiamo essere precisi: lo smartphone in classe non si usa ed è giusto proibirne l’utilizzo. Che sia Valditara o qualunque altro esponente politico a vietarlo.
Lo smartphone in classe non si usa
Non si tratta di alcun divieto insostenibile o chissà quanto repressivo: in aula si va per studiare, non per chattare o per chissà quale altra attività che il telefonino consentirebbe. Lo smartphone in classe non si usa, magari potrà infastidire che a prevederne il divieto sia un ministero tanto mediocre come quello dell’attuale titolare del dicastero dell’Istruzione, ma la realtà è che a scuola si va per studiare, e nessun ragionamento complicato può eliminare questo dato di fatto imprescindibile. Non ci vuole un genio né un’osservazione chissà quanto acuta per rendesene conto: uno studente qualsiasi ha la possibilità di usare il suo smartphone praticamente ovunque. Gli si chiede semplicemente di spegnerlo o consegnarlo nelle ore di studio. Non mi pare ci sia da costruire chissà quale dibattito intorno a questa elementare questione. A meno che non la si voglia complicare ad ogni costo. Ma la “complichite” è uno dei mali della nostra epoca, nonché il primo strumento per distrarsi dalle questioni.
La tentazione: la mediocrità del ministro come scusa per lasciar passare un concetto inaccettabile
Dunque, torniamo all’incipit: la mediocrità di Valditara non è un buon motivo per attaccare il divieto di smartphone in classe. “C’è di peggio” va sostituito con “ci vuole molto altro” per far funzionare la scuola. E su quello siamo tutti d’accordo. Giusto e sacrosanto sottolineare i danni di una riforma della scuola che sta distruggendo senza mezzi termini uno strumento pedagogico essenziale e già in crisi da anni, giusto e sacrosanto sottolineare le strutture fatiscenti, doveroso stigmatizzarei comportamenti imbarazzanti del ministro sulle questioni legate all’Anpi e all’antifascismo eterno. Le critiche al ministro però non devono essere una scusa per attaccare una disciplina che resta fondamentale: a scuola si va per studiare e non per chattare. Usare come metro di paragone la regola in vigore sull’utilizzo degli smartphone rispetto a “ciò che è peggio” è un modo per far passare l’idea che sì, in fondo il telefonino in classe si possa usare. Esattamente ciò che non può e non deve essere concesso nelle ore di studio, le quali precedono ore libere in cui chiunque, studenti inclusi, hanno la libertà di fare ciò che vogliono.
Stelio Fergola