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Netanyahu e la “irricevibilità” della proposta di Hamas: perché il premier si gioca tutto (o quasi)

by Alberto Celletti
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Netanyahu Hamas

Roma, 7 feb – Le notizie, in realtà, erano rimbalzate contraddittorie da ieri sera. Quando Hamas aveva dichiarato di rispondere positivamente alla mediazione del Qatar. E il premier israeliano Benjamin Netanyahu aveva anticipato quello che oggi – al momento, tra qualche ora a questo punto ci concediamo il beneficio del dubbio – sappiamo già: la guerra continua, impossibile accettare. Oggi si è chiacchierato, da fonti mediatiche – dunque, non ufficiali – israeliane sul fatto che il primo ministro di Tel Aviv avrebbe potuto accettare la proposta palestinese pervenuta in mattinata. Ma come stanno le cose?

Per Netanyahu accettare la proposta di Hamas sarebbe una batosta…

Non c’è dubbio che, per Netanyahu, accettare le “tre fasi” proposte da Hamas sarebbe una batosta: l’ennesima e forse la più grande sul prestigio già molto discusso del premier, dall’opposizione ma addirittura dalle ali più estreme del governo. Questo per una banalissima ricostruzione storica del conflitto. Dall’inizio, Tel Aviv ha spinto tantissimo su un concetto: sterminare Hamas (anche se i numeri delle vittime e le modalità di attacco rendono lecite ben altre considerazioni e dubbi, ma non ci concentriamo su questo ora), da sempre distinta dai “palestinesi” almeno in via ufficiale. Dopo appena quattro mesi, Hamas è ancora in piedi e, dovesse ottenere davvero questa “tregua con ambizioni di pace”, riceverebbe anche indietro 1.500 ostaggi tenuti nelle carceri del nemico. Insomma, non ci vuole molto per capire quanto sia troppo oneroso (per gli interessi di Tel Aviv, ovviamente). Nei media televisivi ora circola una presunta risposta di Israele che definisce “irricevibile”  la proposta palestinese: non ci sorprenderebbe, per ovvi motivi.

…e il premier deve guardarsi dalle divisioni interne

Ingrassata anche dalle pressioni delle famiglie degli ostaggi, per Netanyahu la situazione non è semplice, schiacciato dalle opposizioni ma anche da fronti interni e dai principali quadri militari. Antony Blinken, segretario di Stato statunitense, incontra il premier oggi. Gli Usa sembrano più possibilisti, dichiarandosi disposti a riflettere sulla proposta stessa, ma anche da alleati ma – comunque – esterni alle vicende. Il Medio Oriente è una polveriera ed è chiaro che qualsiasi spiraglio di chiudere la questione sia quanto meno valutata dagli attori “periferici”.

Alberto Celletti

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