Roma, 22 lug – Oltre 30 miliardi di fatturato, 2.1 miliardi di utili e 3.2 miliardi di cedole. Se fosse un gruppo industriale, sarebbe il quarto in Italia per dimensioni. Ed effettivamente, pur frammentato in una miriade di società, quello delle partecipate comunali (le vecchie – solo a parole – “municipalizzate”) è un settore non indifferente con cui l’economia del paese deve fare i conti.
I numeri emergono dall’ufficio studi Mediobanca, che ha passato in rassegna le performance delle partecipate controllate dai sindaci, prendendo un campione di 86 gruppi (più di 400 le realtà finite sotto la lente) lungo il periodo 2010-2014. Ciò che emerge è l’eterogeneità, sia dei servizi che dei risultati. Si va, per quanto riguarda le prestazioni erogate, dall’onnipresente trasporto pubblico alla gestione rifiuti, dalla distribuzione di acqua, luce e gas (anche in regime di libero mercato) agli aeroporti, dalle autostrade alle ferrovie, dai casinò alle centrali del latte. Un universo multiforme nel quale si sommano risultati positivi a buchi di bilancio tanto noti da essere ormai storici. Se ad esempio, a Milano, Sea e A2A garantiscono quasi 450 milioni di utili, Milano Serravalle perde qualcosa come 400 milioni l’anno. Ben peggiore la situazione a Roma, dove il positivo bilancio di Acea (560 milioni l’utile 2014) non riesce a contrastare il macigno rappresentata dal miliardo di perdite del “buco nero” Atac. Proprio il trasporto pubblico è la croce delle partecipate: in cinque anni, oltre ad accumulare rossi di bilancio, ha anche assorbito in media 5 miliardi l’anno di contributi. Scelta dolorosa ma necessaria per garantire uno dei principali servizi di pubblica utilità, ma che non giustifica diseconomie capaci di zavorrare gestioni altrimenti potenzialmente in bonis. Eterogeneo è poi il rendimento da un punto di vista geografico: man mano che si scende verso Sud i risultati si fanno sempre più difficili, basti pensare ai 370 milioni di buco dell’Ente Autonomo Volturno (ferrovia ex Circumvesuviana e altre) ed il rosso complessivo della Sicilia che ammonta, sempre nei cinque anni, a 83 milioni di euro.
Nonostante le difficoltà, nei cinque anni analizzati da Mediobanca le partecipate hanno cumulato 2.1 miliardi di utili (più di 400 milioni l’anno, in media), generati soprattutto grazie al contributo del settore energetico. Superiori a questa cifra i dividendi, assommati nello stesso periodo a 3.2 miliardi: segno inequivocabile che, di fronte ai tagli ai trasferimenti da Roma, i comuni hanno dovuto soddisfare le proprie esigenze di cassa riversandole sulle società controllate, le quali a loro volta è lecito supporre abbiano ribaltato (almeno in parte) l’onere sulla collettività tramite le tariffe del servizio.
Filippo Burla