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Metallica, lo splendore del concerto di Milano: una storia che resterà negli annali

by Tommaso de Brabant
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Metallica

Roma, 9 giugno – Gli I-Days, la rassegna estiva di concerti nell’Ippodromo La Maura, sono cominciati all’insegna delle lamentele: i residenti del quartiere San Siro, già esasperati dalla sempre maggior frequenza dei concerti estivi nel celebre stadio, hanno ottenuto dal comune di Milano la chiusura delle strade ai forestieri e un coprifuoco (altoparlanti spenti entro le 23:15); i fan hanno paventato la bruttezza della location, la possibilità che un temporale (annunciato ma non pervenuto) la rendesse un pantano, la scarsità di varchi per afflusso e deflusso, l’utilizzo non della magniloquente scenografia (palco circolare e circondato dal pubblico, torrette con schermi) che i Metallica portano nel loro “72 Seasons tour” bensì quella, assai meno spettacolare, del festival sponsorizzato dalla Coca Cola. Si deve avere pazienza. Se l’afflusso è stato molto scorrevole, il deflusso è stato complicato dal fatto, piuttosto ovvio, che se si arriva sparsi si esce tutti assieme. Clima primaverile (nonostante l’allerta meteo, gli acquazzoni che pure sono stati così frequenti a Milano e dintorni in questo maggio non si sono, almeno nel giorno del concerto, presentati), qualche nuvola di passaggio; ristoro funestato dall’ormai immancabile cerimonia dei “token”, i gettoni inventati per obbligare gli spettatori ad arrotondare per eccesso, infliggendo loro almeno tre code: quella per comprare i token, quella per riscattare il panino e infine quella per la bevanda.

Il “72 Seasons tour” dei Metallica approda in Italia

Unica tappa italiana del tour con cui i Metallica continuano a promuovere il loro album 72 Seasons, pubblicato nell’aprile dello scorso anno e presentato nei cinema prima con una raccolta di videoclip, poi con la trasmissione, in agosto, dei due concerti nello stadio di Arlington, in Texas. Tappa aggiunta quando il calendario del tour 2023/’24 era già stato annunciato, profittando del lasso tra le tappe di Monaco di Baviera e di Vienna; concerti, quelli bavaresi, tenuti sotto scroscianti temporali; la seconda data è stata resa ancor più spettacolare dai fulmini apparsi sull’Olympiastadion durante Master of Puppets. Acquazzoni che non devono aver giovato alla voce di Hetfield, che però ha consegnato al pubblico una performance grintosa e generosa, risparmiandosi soltanto durante Sad but True (della quale ha evitato di ripetere il titolo).

Quindici canzoni (e non solo), un grande concerto per i Metallica

Mezz’ora prima del concerto, un poster disegnato per l’occasione (la band ne commissiona uno diverso per ogni tappa) dall’artista “Squindo” – Leonardo da Vinci in versione scheletrica; alle sue spalle, l’Uomo Vitruviano fa le corna nel saluto metallaro – compare sul palco. Dopo il rito introduttivo – la diffusione dalle casse di It’s a Long Way to the Top (If You Wanna Rock’n’Roll) dei colleghi AC/DC, quindi di L’estasi dell’oro di Ennio Morricone (gli schermi del festival non mostrano però lo spezzone corrispondente dal film di Sergio Leone Il buono, il brutto e il cattivo, come invece avrebbe fatto l’attrezzatura della band), “Papa Het” e sodali hanno messo subito in chiaro quale sarebbe stato l’andazzo dell’evento, aggredendo il pubblico con la ferocia di Creeping Death; nemmeno un attimo per riprendersi dallo choc, e i Quattro Cavalieri – James Hetfield voce e chitarra ritmica, Kirk Hammet chitarra solista, Robert Trujillo basso, Lars Urlich batteria – attaccano For Whom the Bell Tolls. Alla loro canzone forse più celebre, Enter Sandman, seguono due brani dal nuovo disco; è quindi il momento del siparietto di Trujillo e Hammet, che omaggiano la musica della nazione che li ospita con una grottesca cover di Acida, orrendo tormentone anni ’90 dei pordenonesi Prozac+. Tornati sul palco Ulrich ed Hetfiled, la seconda parte del concerto comincia con una splendida Welcome Home (Sanitarium); si alternano brani di 72 Seasons e classici, la bellissima Nothing Else Matters è accolta da un fitto sollevarsi di telefonini. Conclusione micidiale almeno quanto l’avvio: Lux Aeternamantiene il precetto del suo refrain (“full speed or nothing”, “a tutta velocità oppure nulla”), Hetfield allora chiede al pubblico di cantare con lui Seek & Destroy. Dei bengala annunciano la straziante One, e la conclusione è trionfale: Master of Puppets. Fuochi d’artificio, saluti, e la promessa di tornare: anche se, dice Ulrich, presto non è abbastanza presto.

A lezione di carisma da “Papa Het”

Qualche improbabile bullo munito di borsello e sigaretta elettronica prova a rovinare la serata agli altri col pretesto del deflusso affollato: starnazzi a vuoto. Chi ha pazienza mantiene il ricordo di un grande spettacolo: l’inferiorità delle strutture del festival rispetto a quelle con le quali i Metallica hanno progettato il loro spettacolo non ha inficiato la riuscita del concerto milanese. Il carisma di James Hetfield, la voce tonante resa ruvida dal rituale sigaro (da lui stesso prodotto) prima di salire sul palco, la precisione maniacale con cui le sue manone da ranchero lanciano raffiche di accordi dalle sue chitarre personalizzate, la presenza scenica colossale (sta davanti al microfono a piedi distanti per sminuire la differenza di statura con gli altri tre), la capacità di dialogare assieme al pubblico sia con le canzoni che con le battute fra i brani della scaletta, ne fanno il protagonista ideale dei grandi concerti d’una grande band.

La scaletta:

Creeping Death

For Whom the Bell Tolls

Holier Than Thou

Enter Sandman

72 Seasons

Too Far Gone?

Welcome Home (Sanitarium)

Shadows Follow

Orion

Nothing Else Matters

Sad but True

Lux Aeterna

Seek & Destroy

One

Master of Puppets

Due ore tiratissime, quindici brani (più la cover e le registrazioni in apertura), un grande spettacolo e la consapevolezza di aver assistito allo spettacolo d’una leggenda.

Tommaso de Brabant

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