Roma, 19 dic – Lionel Messi alza la coppa del mondo con la tunica degli emiri qatarioti. Una scena che, simbolicamente, ha un valore enorme. Tanto per cambiare, deprimente.
Lionel Messi e la tunica degli emiri
Si chiama Bisht, una delle vesti arabe più prestigiose. Messi indossa proprio quella tunica quando alza la coppa del mondo. Un capo di abbigliamento che rappresenta benessere e regalità, ma soprattutto uno status sociale molto elevato. Tanto è che solitamente viene indossato dai sovrani. Il capo, però, nella fattispecie, rappresenta anche qualcos’altro: il potere del Qatar e la sua influenza, soprattutto a livello energetico, su scala mondiale. Come del resto è testimone la recente reazione di Doha allo scandalo che la vede probabilmente coinvolta, riguardante le cosiddette “euromazzette” provenienti dall’emirato e dal Marocco. “Attenti, non vi diamo il gas”, sembrano voler dire i qatarioti. Questa lieve digressione serve per sottolineare come la scena di un calciatore, fresco vincitore di un campionato del mondo, che alza una coppa ambitissima indossando sopra la sua maglia le vestigia rappresentanti un potere politico ed economico di quella portata, sia difficilmente interpretabile in altro modo se non con lo stato d’animo della tristezza.
Il valore della maglia non è retorica, ma sport
La maglia della propria squadra dovrebbe contare più di ogni altra cosa. Francamente, vedere una scena del genere mi ha suscitato molto imbarazzo. Un misto di sensazioni su sottomissione, ripiegamento ai simboli altrui, svendita del proprio orgoglio. Dopo decenni di menate sui diritti umani, la democrazia e l’uguaglianza, francamente, fa abbastanza tenerezza vedere quanto sul Qatar il democretinismo occidentale si sia improvvisamente ammutolito, e che un’immagine come quella di ieri sia passata totalmente inosservata.
Senza lasciarsi prendere da chissà quale nostalgismo, sia chiaro, e senza idealizzare per forza la figura di un calciatore, che resta un calciatore e non un combattente sulle montagne. Senza fare paragoni impropri con Maradona che – chissà come mai, poi – certamente avrebbe rifiutato di indossare la prestigiosa tunica. Per carità, sono opinioni. Di immagini di Maradona con emiri e personalità arabe importanti ce ne sono. Gli stessi emiri hanno stipendiato eccome, Maradona. Ricordarlo non significa stigmatizzarlo, ma semplicemente dargli una dimensione rispondente a quella che era la sua: ex calciatore, ex grande campione. Questo indipendentemente da alcune proteste – prettamente sportive – che lo hanno visto protagonista, e da altre – più politiche – che lo hanno visto esprimere posizioni condivisibili.
Stesso discorso vale, ovviamente, per Messi. Qualcuno ha giustamente sottolineato il fatto che l’emiro abbia sostanzialmente messo “spalle al muro” il calciatore, il quale non ha potuto far altro che indossare la tunica. Vero. Qualcun’altro ha ribattuto mettendo in piedi la possibilità che il capitano argentino avrebbe potuto quanto meno togliersi il Bisht prima di alzare la coppa insieme ai compagni di squadra. Vero anche questo.
Di ipotesi se ne possono fare tante, ed è difficile dire come si sarebbe potuta evitare la scenaccia di ieri. Ma una cosa è certa: l’immagine comunicata è stata imbarazzante. Senza dubbio per Messi, ma anche per la Fifa, che, per quanto corrotta o svenduta possa essere, si è prestata a una buffonata troppo dannosa per il suo prestigio, per non essere notata. Insomma, c’è modo e modo per non essere esattamente “trasparenti”: di sicuro, l’organizzazione mondiale del calcio, ieri, ha palesato quello più ridicolo e umiliante. Complimenti.
Stelio Fergola
1 commento
Ordinari deliri successivi ad uno sport che non è più sport in quanto servile ai peggiori padroni che… manco i cani… !!