Roma, 18 giu – Giorgia Meloni tratta con Ursula von der Leyen. Che sia teatrino o meno, non possiamo saperlo. Di certo è che la questione, sulla carta, ha una rilevanza numerica interessante che l’attuale presidente della Commissione non può tralasciare. Dal canto nostro, nonostante le critiche all’operato su questo governo, sulla politica estera e sull’immigrazione in particolar modo, una sfumatura di differenza con la sinistra sembra permanere e ci pare poco onesto intellettualmente non notarla. Non riguarda solo l’utero in affitto o le questioni Lgbt (dove peraltro talvolta la maggioranza e chi la sostiene si è perfino piegata, si pensi all’ospedale per le transizioni di genere in Veneto, promosso dal presidente della regione Luca Zaia), ma un approccio che per lo meno dimostra di avere vaghe idee di sviluppo di un interesse nazionale. Siamo ancora lontanissimi da qualsiasi risultato concreto, il Piano Mattei è al momento solo teoria e difficilmente potrà diventare qualcosa di diverso, così come il “cambiare l’Europa dall’interno”. Ma è indubbio che, allo stato, il presidente del Consiglio stia quanto meno provando a “giocare” nelle sedi europee. Vediamo come.
Meloni e Von der Leyen, trattativa in corso o semplice parentesi?
Si pensava che l’appoggio del presidente del Consiglio italiano sarebbe stato matematico o quasi. Invece, come riportato anche sul Giornale, non è così. Il premier, al momento, sembra sulla via della trattativa. Per il commissario che toccherà all’Italia ma non solo. Anche per eventuali ipotesi – attualmente fantapolitiche – di unione delle destre europee, tra i conservatori di cui fa parte, il “solito” Identità e Democrazia, e le sfumature magiare a guida Viktor Orban (che però è profondamente ostile alla Von der Leyen). “No ad accordi preconfezionati, ne parleremo tra dieci giorni”, dice il premier. Facendo intendere in modo chiaro che l’obiettivo è arrivare al Consiglio europeo del 27 e del 28 giugno.
La conferma della Von der Lyen come presidente della Commissione Ue spetta invero al Ppe ed S%D, oltre che ai liberal di Renew: ovvero, per intendercil ma ben famosa “maggioranza Ursula”. Matematicamente non c’è certezza, però, e il rischio esiste perché i numeri sono ristretti. Di conseguenza, la Meloni “serve” all’attuale presidente. Poi c’è la “variabile Francia”. Il Paese, andando a nuove elezioni legislative, dopo l’affermazione pazzesca del Rassemblement National, potrebbe spostarsi ancora più “a destra”. E a quel punto anche gli accordi con la Le Pen diventerebbero ben più di un’ipotesi.
L’occasione c’è, il destino è tutto da scrivere
Ursula ha bisogno di Giorgia per essere confermata. Quest’ultima sembra intenzionata a chiedere qualcosa in cambio. Non sarà molto, ma è tangibile. Certamente, dovrà essere portata a compimento e non restare lettera morta. Ma già il fatto di ragionare su un possibile “scambio” rappresenta quanto meno un barlume da cui iniziare. Per lo meno non incentrato sul recepire e basta i diktat altrui, come troppo spesso avvenuto negli ultimi decenni. Se proprio devi dominarmi, almeno mi devi dare qualcosa in cambio: questo deve essere un principio guida, sicuramente il minimo sindacale, ma da cui non si può rifuggire. Se poi tutto si paleserà come il solito teatro, come sottolineavamo in sede introduttiva, ce ne faremo la solita e triste ragione. Ma per dovere di cronaca non possiamo non evidenziare la dinamica in corso. Sperando, davvero, di essere sorpresi in positivo.
Alberto Celletti