Roma, 31 mar – La sentenza del tribunale di Parigi che ha condannato Marine Le Pen a quattro anni di carcere (di cui due con braccialetto elettronico), una multa di 100.000 euro e cinque anni di ineleggibilità rappresenta un punto di svolta inquietante per la politica francese e, più in generale, per l’Europa intera. L’esclusione della leader del Rassemblement National dalle presidenziali del 2027 non è solo un colpo durissimo per la destra francese, ma solleva interrogativi più ampi sullo stato di salute della democrazia.
Le Pen: le accuse e il processo
Il verdetto si inserisce nel caso degli assistenti parlamentari del Front National, un procedimento che dura da anni e che ha portato alla condanna di diversi esponenti del partito, tra cui l’ex compagno di Le Pen, Louis Aliot, e alla confisca di fondi per oltre un milione di euro. Secondo il tribunale, si sarebbe trattato di un “sistema” di appropriazione indebita volto a finanziare il partito con risorse destinate al Parlamento europeo. Ma il tempismo della sentenza e la sua severità fanno sorgere il sospetto che, più che una questione di giustizia, si tratti di un’operazione politica mirata a rimuovere l’unica vera oppositrice al potere macroniano. Non è un mistero che Marine Le Pen fosse la favorita per il primo turno delle presidenziali del 2027, secondo recenti sondaggi. Eliminarla dalla corsa con un’accusa che suona più amministrativa che criminale, è una mossa che ricorda le recenti manovre contro Călin Georgescu in Romania, quelle contro il sindaco di Istanbul Imamoglu o persino quelle nostrane al Ministro Matteo Salvini. L’Unione Europea è in crisi di senso, e queste sentenze non fanno altro che contribuire al depauperamento delle sovranità nazionali in favore d’imperialismi più aggressivi e spregiudicati.
L’offensiva dei tribunali
La storia insegna che chi viene perseguitato dal sistema spesso ne esce rafforzato. La condanna di Le Pen potrebbe trasformarsi in un boomerang per i suoi avversari, alimentando un’ondata di indignazione tra gli elettori stanchi di un’Europa in cui la democrazia sembra valere solo a trazione progressista. Jordan Bardella potrebbe essere la nuova carta della destra francese, ma resta da vedere se riuscirà a raccogliere lo stesso consenso della sua leader storica. Ancora una volta però, la vera domanda sembra un’altra: siamo ancora in democrazia, o stiamo assistendo a una progressiva eliminazione di ogni opposizione, reale o virtuale che sia? Se basta un tribunale per cancellare il candidato più forte dell’opposizione, la democrazia ne esce a pezzi, indipendentemente da chi vincerà le elezioni. Il che ovviamente, non è per forza un male. A patto di saper immaginare un mondo nuovo sopra questa carcassa senza vita.
Sergio Filacchioni