Londra, 20 mar – Gli organizzatori di “Stand up to racism” aspettavano ben 15mila persone ed oggi ne hanno dichiarate addirittura 20mila. In realtà, difficilmente i manifestanti hanno superato le 10mila unità, molto probabilmente vicini appena alle 5mila e sicuramente molti di meno rispetto alle attese. Un universo a dir poco eterogeneo quello che, al grido di “Refugees welcome here”, ha sfilato in corteo per il centro di Londra per poi radunarsi, nel primo pomeriggio, nella storica Trafalgar Square, proprio di fronte alla “National Gallery”. Qui, tra gli altri, hanno preso la parola la parlamentare laburista Catherine West, la collega (figlia di immigrati giamaicani) Diane Abbott e Jean Lambert, vicepresidente del gruppo Greens/EFA all’interno del parlamento europeo, la quale ha dichiarato: “E’ tempo di dare l’opportunità alle persone di venire qui a rifarsi una vita”.
Porte aperte da parte dell’Europa e, possibilmente, nessun confine, altrimenti sei razzista: questo, in breve, tra slogan e prese di posizioni ufficiali, il ritornello dell’evento che, sottolineano gli organizzatori, “segue l’accordo tra Europa e Turchia per respingere i rifugiati che arrivano nelle isole greche”. Una piccola dimostrazione, replicata in miniatura anche a Glasgow e Cardiff, con la partecipazione rispettivamente di 3500 persone e, a detta degli stessi coordinatori dell’iniziativa, appena 300 nella capitale del Galles.
In merito alla presunta chiusura dell’Europa rispetto ai rifugiati e agli immigrati, che è la prospettiva dal quale prende il via la manifestazione, l’attrice inglese Vanessa Redgrave ha addirittura tirato in ballo il nazismo e la fuga degli ebrei dalla Germania.
Numerosissimi, in ogni caso, personalità istituzionali a parte, coloro che hanno preso la parola dal palco allestito in Trafalgare Square, tra le quali Amyna, una ragazza che, attraverso la frontiera di Calais è arrivata nel Regno Unito partendo da Mosul, in Iraq, e che ha urlato: “qui non abbiamo diritti, vogliamo essere trattati come esseri umani”. Intorno al palco, nel frattempo, c’è un po’ di tutto. Un banchetto islamico alla sinistra del palco distribuisce gratuitamente il Corano “anche a chi non è ancora musulmano” (la conversione, a quanto pare, è solo questione di tempo), esponendo però un rassicurante striscione: “Io amo Gesù perché sono musulmano”. Nei gazebi tutto intorno, invece, domina il rosso, tra libri di Gramsci, Trotsky, icone femministe (dubitiamo che siano di fede islamica), gazebi di movimenti socialisti, stand librari e giornali dei vari raggruppamenti comunisti con incitamenti non proprio inediti alla lotta di classe e analisi altrettanto consumate sul capitalismo e sui partiti, che in una società capitalista non possono che essere razzisti (chissà se i Labour con cui manifestano faranno eccezione!). Immancabile, ovviamente, la bandiera simbolo dell’antifascismo; del resto, anche dal palco continui sono i riferimenti al fascismo come nemico.
“Refugees welcome here”, “benvenuti rifugiati”, “no all’islamofobia e all’antisemitismo” (un colpo al cerchio ed uno alla botte giustamente, tanto per chiarire l’ideal-tipo del nemico, capitalista e guerrafondaio: cristiano, bianco ed europeo), “no alla guerra”, “no ai rifugiati come capro espiatorio”, “educazione non deportazione”, “scambiamo razzisti in cambio di rifugiati”: questo, invece, il calibro degli slogan esposti dai manifestanti, tra l’hippy, il comunismo vecchio stile, un tocco di socialismo, qualche spruzzo di anarchia e, qua e là, qualcuno che sembra un po’ tirato in mezzo, oltre ad alla visibile presenza di esponenti dei varie comunità straniere. La figura dell’immigrato, del rifugiato, dell’islamico, del nero, esibito, mandato in avanscoperta, usato come scudo ideologico, indottrinato, ormai non può più mancare.
Ma a colpire non è tanto la presenza di molti musulmani e, soprattutto, di tante donne velate – che di per sé fanno riflettere sui pregiudizi nei confronti dell’Islam -, lì per difendere (del tutto legittimamente dal loro punto di vista) l’interesse diretto di connazionali e correligionari, ma l’ideologismo di chi pretende di rappresentarli, magari cogliendo l’occasione per trasformarli in futuri elettori o, quanto meno, simpatizzanti, manovalanza da piazza. Sullo sfondo, slogan che suonano astratti (“abolire le frontiere”) rivolti ad un nemico pressoché immaginario, quell’incubo fascista che rappresenta il male in sé e non un’idea politica precisa. Un gruppo di ragazzi ha scelto di scendere in piazza con la faccia ed il corpo colorato, ognuno con un colore diverso, chi blu, chi giallo, chi nero, chi verde ed un cartello che recita: “Io sono blu ma sono uguale a te”. Pochi metri più su, un tipo dall’aspetto singolare, scrive: “Amore e rispetto per tutti”. Accanto a loro sfila, armata di cartelli d’ordinanza, la maschera di “V per Vendetta”. Il circo di chi non ha contenuti politici e si lascia imbambolare dai manipolatori della verità.
Emmanuel Raffaele
(Alcune foto della manifestazione)
1 commento
Ha detto benissimo, è proprio e soltanto un circo. Anzi, dal mio punto di vista, una pagliacciata.