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Ma quale razzismo, la protesta degli immigrati a Napoli dimostra un fallimento epocale

by Tony Fabrizio
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razzismo Napoli

Roma, 7 set – Razzismo, sempre razzismo. La notizia è una di quelle che va cavalcata subito, da poter rivendere a proprio uso e consumo, soprattutto sotto elezione, ma dopo averla colorata – che è già sufficientemente colorata di per sé – e camuffata perché rappresenta il fallimento di certe convinzioni strenuamente e infruttuosamente difese. In una domenica di fine estate, a Napoli la temperatura si alza ulteriormente a causa di una protesta inscenata da decine e decine, forse pure qualche centinaio, di immigrati che hanno dato via ad un corteo conclusosi con un sit-in nei pressi della caserma dei Carabinieri di Grumo Nevano, comune della città metropolitana.

La protesta degli immigrati a Napoli ben oltre la propaganda sul razzismo

Motivo della protesta il ribellarsi da parte degli immigrati – pakistani, bengalesi, indiani ma pare nelle retrovie ci fossero pure nigeriani, marocchini e tunisini – all’ennesima aggressione subita da quattro loro connazionali da parte di non meglio identificati “ragazzi a bordo di scooter”. Rifiutando la solita lettura preconfezionata del singolo (e, dicono, non sparuto) episodio, quanto avvenuto nell’hinterland napoletano offre, deve offrire, qualche spunto di riflessione che vada un pochino oltre.

Innanzitutto, deve fare pensare che è bastata “qualche decina” di immigrati per mettere in difficoltà l’ordine pubblico tenuto a forza – o per miracolo – da qualche unità dei Carabinieri in collaborazione con la Polizia. Plauso da parte di tutti e tutti lieti perché tutto è bene ciò che finisce bene, ma se così non fosse stato? Si può rischiare tanto? È giusto e possiamo permetterci di ringraziare i dimostranti perché la protesta è stata contenuta e pacifica? Per loro nessuno che invochi il TULPS, autorizzazioni, concessioni e ogni burocraticità possibile, immaginabile e inventabile che si tira fuori quando certe manifestazioni, ogni altra manifestazione di ogni altro colore, s’ha da vietarsi.

La solita propaganda

Manco a dirlo, pullulano quanto basta i titoloni delle prime pagine amiche che gridano al razzismo. Quel razzismo utile da sciorinare e che è usato come capo d’accusa contro gente che al momento nemmeno è stata identificata e da parte di coloro i quali a gran voce si ergono a onorevoli sponsor dell’immigrazione selvaggia e incontrollata. Gli stessi che poi dimenticano di dare agli “accolti” divenuti tutti indistintamente profughi una dignità non appena sbarcati perché, è evidente dai fatti occorsi, sono considerati solo “merce di consumo” su cui lucrare.

Il sindaco napoletano sminuisce l’accaduto parlando di una generica violenza, ma né il primo cittadino né il parlamentare pdino che ha strombazzato i noti fatti in Parlamento domenica si sono degnati di recarsi sul luogo della protesta.
Ciò che si vede è solo un apparato statale di ogni livello interessatamente disinteressato che ha portato a superare le tremila presenze allogene contro le diciassettemila dei locali che, in una eventuale escalation di tensione, o peggio, di violenza, darebbero non pochi problemi in quanto a ordine pubblico e vivere civile.

Un esercito di lavoratori – azzarderemo pure nuovi schiavi – che, loro malgrado, contribuiscono all’abbassamento della paga in un ambiente in cui il lavoro è quasi una caratteristica topica. Costo della manodopera che garantisce da vivere a questi “fantasmi” che, tra l’illecito, il non corrisposto e il dovuto, consente loro di sbarcare il lunario, ma questo non è possibile per la popolazione locale. Difficile, a condizioni inique, parlare di integrazione. Nessuno di quelli che nelle ore immediatamente successive alla protesta si sono palesati ha forse notato e fatto notare che la stragrande maggioranza degli insorti non pronunciava una sola parola nella nostra lingua, che tanti di loro vestivano pure con tradizionali abiti lunghi e copricapo tipici del loro paese d’origine e che pressoché tutti vivono in ristretti gruppi avulsi dalla realtà cittadina, come in un modo a parte. Alla faccia non dell’integrazione, ma della volontà di integrazione!

Nulla giustifica di certo la violenza, né da una parte né dall’altra, ma quanto accaduto (e poi sapientemente, interessatamente in tutta fretta nascosto sotto al tappeto) è la rappresentazione plastica del fallimento delle gestioni delle politiche migratorie. Tutti insieme indiscriminatamente. Abbandonati dai loro “protettori” una volta che non sono più sfruttabili per guadagnare. La violenza, quella vera, quella “onorevole” e con la cravatta, è iniziata molto prima, prima ancora che questa gente iniziasse la traversata.

Tony Fabrizio

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