Roma, 10 apr – L’Lgbt invade il cinema e le serie tv, e questo lo sappiamo da tempo, ma oltre il contenuto ideologico, è da sottolineare anche la forzatura assoluta di trovarsi elementi omosessuali in storie con cui essi non c’entrino più o meno nulla. Un questione che in molti casi ha annoiato anche il pubblico, nonostante la propaganda asfissiante che ormai dura da decenni.
L’ossessione Lgbt “soffoca” l’ultimo film di Shyamalan
Bussano alla porta, l’ultimo film di M. Night Shyalaman è, senza, mezzi termini, una pellicola di assoluta qualità. Per recitazione, sceneggiatura, metafora e messaggio “biblico” incluso. Curioso che il “messaggio biblico” si intrecci con l’ennesima, ridondante e francamente noiosa coppia omosessuale a rappresentare l’intero amore umano – guarda caso – e a determinarne i destini futuri. Ovviamente, i siti web “di settore” per così dire, ci marciano, e così ecco che aree dell’internet “ideologicamente arcobalenate” ci avevano “regalato” il solito, soporifero articolo sul tema intitolato “L’amore gay salverà il mondo: parola di M. Night Shyamalan”. Il che è peraltro una forzatura, dal momento che la trama non è certo di Shyamalan, ma semmai di chi ha concepito il romanzo originale da cui è stato tratto l’adattamento cinematografico, ovvero tale Paul G. Tremblay, autore de La casa alla fine del mondo, pubblicato nel 2018, che racconta la storia in questione.
Un elemento forzatissimo in un film pieno di elementi interessanti
In Bussano alla porta c’è tutto. La paura della morte, ovvero quella maggiore che attanaglia l’uomo. Il suo egoismo insito, che si spinge fino alle estreme conseguenze prima di essere messo da parte in pegno della sopravvivenza della specie umana, vista sotto questo profilo con un certo ottimismo: l’uomo stesso, nonostante la sua parziale incapacità di pensare agli altri, in qualche maniera trova una ragione personale per permettere all’umanità di sopravvivere. Qualcuno ha parlato non a caso del “sacrificio di Isacco” come tema portante, e non è un’osservazione errata filosoficamente, sebbene lo sia fattualmente (visto che il “sacrificio” nella Bibbia di fatto non avviene). Peccato che venga “traslato” in salsa arcobalenata, il che si spiega in un solo modo: l’ansia quasi blasfema dell’universo Lgbt di “farsi” biblico, di non accettare in alcun modo l’impossibilità di esserne parte, soprattutto nella materia specifica che riguarda i figli di fatto inconcepibili. E qui insiste, appunto, la penosa propaganda “gratis” che ne viene fuori riguardo le adozioni gay. Proprio quegli omosessuali che, stando alla stampa mainstream, adesso “generano” addirittura dei figli (perché sì, in molti hanno usato queste esatte parole, anche su agenzie di stampa che dovrebbero utilizzare linguaggi non certamente “schierati”). Senza che ciò sia possibile in nessun modo, ovviamente. Ma questo, per i colori arcobaleno, è trascurabile, perché nel magico mondo Lgbt tutto è possibile. Anche sentirsi un equino con le fattezze umane. A prescindere dalla critica alla propaganda, comunque, c’è anche uno sfogo molto più semplice da porre in essere, ovvero quanto abbia stancato l’invasione di coppie omo sul piccolo e sul grande schermo, una dimensione in cui gli etero tra un po’ neanche esisteranno più. Insomma, Lgbt che invade il cinema ad ogni livello? Anche basta.
Stelio Fergola
1 commento
Basta fare l’unica cosa che possiamo fare noi: NON GUARDARE QUESTI FILM. Andiamo a teatro, al museo, a cena fuori e lasciamo che falliscano