Roma, 7 mar – Cinque anni fa oggi, scompariva Guillaume Faye, il vulcanico e fiammeggiante teorico della «Nouvelle Droite» che ha segnato diverse generazioni di militanti e cambiato la visione del mondo di molti nostri contemporanei. Ahimè, forse non abbastanza, una ricca opera di gioventù resta ancora ampiamente sconosciuta.
Guillaume Faye, colui che ha rivoluzionato il pensiero non conforme
Lo scopo di queste righe non è quindi tanto di evocare l’uomo – ricco di contrasti! – ma di invitare nuovi lettori a scoprire i suoi lavori, alquanto illuminanti: se tratta dei temi più importanti, nei suoi scritti nessun gergo da secchione, niente chiacchiere da pseudo-sapiente, la sua lettura è accessibile a tutti. Perché Faye, pur essendo titolare di dottorato in scienze politiche e detentore di una solida formazione classica, era lontano anni luce da quei noiosi topi di biblioteca che derideva con tanto sarcasmo. Uomo dalle mille sfaccettature, plurale come il suo pensiero, brillante in tutto ciò che intraprendeva, fu a sua volta saggista, oratore (eccezionale!), giornalista trattando di argomenti complicati come delle peggiori futilità, autore di racconti erotici e di fumetti, conduttore radiofonico della più popolare radio degli anni ‘90 dove organizzava scherzi e messe in scena, poliedrico, eccessivo, gli si presta anche un passaggio nell’industria pornografica! (Ma, in mancanza di prove, rimarrà probabilmente l’ennesimo scherzo). Mosso da un’insaziabile curiosità, frequentava gli ambienti più diversi, sempre in cerca di dibattito, di scambio di idee, amando confrontarsi con tutte le realtà possibili per estrarne la materia delle sue analisi.
Realtà… ecco la parola chiave! È alla base di tutte le sue riflessioni. Fedele discepolo di Aristotele, ribadiva che «bisogna partire dal reale per cambiare le nostre idee e non cercare di cambiare il reale con le nostre fantasie.» (Cosa non ovvia nel mondo delle idee!).
Psichorigidi astenersi
Intravedendo che una convergenza di catastrofi porterà alla fine del mondo occidentale come lo conosciamo, Guillaume Faye teorizza l’Archeofuturismo, un mix di tecnoscienza e di ritorno ai valori ancestrali. L’Archeofuturismo vuole essere lo spirito della post-catastrofe, la filosofia che dovrebbe essere alla base del mondo di domani. Promuove, tra l’altro, l’autarchia dei grandi spazi e suona la campana a morto dell’egualitarismo fracassato sul muro della realtà. Meritando più di qualche riga di descrizione, ne avevamo pubblicato un riassunto in tre parti:
“Non bisogna essere passatisti, restauratori o reazionari, perché il passato degli ultimi secoli ha generato la sifilide che ci divora. Si tratta di ridiventare arcaici e ancestrali e, nello stesso tempo immaginare un futuro che non sia più il prolungamento del presente. Contro il modernismo, il futurismo. Contro il passatismo, l’arcaismo. La modernità ha fallito, essa sta crollando, i suoi seguaci sono i veri reazionari.”
Leggere Faye è quindi, porre fine alla reazione invalidante, alla nostalgia sterile. Leggere Faye significa comprendere, possedere le chiavi, ma allo scopo dell’azione.
In La colonisation de l’Europe, discours vrai sur l’immigration et l’islam pubblicato nell’anno 2000, ritorna su molti dei suoi articoli trattando della società multirazziale, risalenti ai primi anni ’80. La sua lungimiranza sui pericoli dell’immigrazione di massa che era allora l’unico ad affrontare privo di qualsiasi politicamente corretto rimane insuperabile. Non solo svela i meccanismi della «colonizzazione massiccia di popolamento da parte di popoli africani, magrebini e asiatici», ma evoca anche «l’etnomasochismo» e «l’Aids mentale» che affliggono gli europei: il crollo delle loro difese immunitarie, conseguenza del lavaggio del cervello egualitarista che subiscono da decenni. Una constatazione implacabile e severa, i cui risultati si vedono oggi.
Dello stesso periodo sono Avant-guerre: Chronique d’un cataclysme annoncé , Le coup d’État mondial e Sexe et dévoiement scritti liberi e politicamente molto scorretti in cui affronta i temi della famiglia, della sessualità, dell’amore, del femminismo ecc. dal punto di vista archeofuturista. In Comprendre l’Islam troviamo un’analisi senza filtri né tabù sulla religione (di nuovo) all’assalto del vecchio continente. La nuova questione ebraica è invece un saggio largamente incompreso (quando è stato letto) e anche oggetto di false interpretazioni. La guerra razziale risulta, infine, un’opera provocatoria che mira a suscitare il dibattito, ma allo stesso tempo estremamente argomentata: non si sarà d’accordo con tutto, ma sarà spesso difficile dargli torto.
Un pensatore imprescindibile per comprendere l’Occidente contemporaneo
La prima fase della sua produzione metapolitica, intorno agli anni 1975-1987 (in particolare quando ancora molto giovane, animava il polo «études et recherches» del GRECE) fu fiorente. Numerosi testi hanno mantenuto tutta la loro pertinenza e meritano ampiamente di essere riscoperti, per di più nel momento storico che attraversiamo: è sempre più evidente ai nostri concittadini l’assurdità di una società in cui «On marche sur la tête» – “Camminiamo sulla testa” in riferimento al movimento dei cartelli segnaletici messi sottosopra nelle campagne francesi, che ha dato inizio alla rivolta degli agricoltori – e i trattori che affluiscono verso Bruxelles sono il segno di una presa di coscienza, che si è capito che le decisioni non sono più elaborate nelle singole capitali ma in officine apolidi scollegati dal reale. Ed è qui che l’opera iniziale di Guillaume Faye guadagnerebbe ad essere diffusa.
Nel 1981, e in una formula geniale, egli qualifica il potere di «Sistema per uccidere i popoli». In questo saggio assolutamente visionario, rende chiaro il funzionamento del sistema tecno-economico occidentale che mira a trasformare il mondo in una società planetaria anonima e uniformata. Ma niente complotto o riduzioni marxiste: questo sistema funziona come un meccanismo, senza direttore d’orchestra. Il Sistema non ha bisogno delle forme usuali di dominio politico, essendo economico e tecnico, si autoregola.
“Una civilizzazione, foss’anche mondiale, si fonda sempre su di un passato culturale e mira, più o meno, a perpetuarsi. Una civilizzazione resta umana. Un sistema, al contrario, ha qualcosa di meccanico e di atemporale”. “Il Sistema occidentale fa vivere i popoli — o più esattamente li fa morire — al ritmo delle sue autoregolazioni a breve termine. Inutile evidentemente domandarsi dov’è finita la nozione di destino. Essa non è neppure contestata; semplicemente non esiste”.
Alle decisioni politiche degli Stati – specifiche e adottate in seno a e per la comunità -, si sostituiscono scelte strategiche decentrate prese nel quadro di reti di potere (grandi imprese private, organismi bancari, speculatori e agenzie sovranazionali). Non servono capi di Stato, ma regolatori. Man mano che cresce la spoliticizzazione della società, la spettacolarizzazione della politica si intensifica. L’attualità della descrizione è facilmente comprensibile…
Nella sua «Critica del sistema occidentale», egli elabora la distinzione tra Occidente ed Europa in un momento in cui la destra si definiva occidentalista in opposizione al comunismo. Un testo scritto 44 anni fa, ma che rimane attualissimo e fu di ispirazione a molti altri:
“La civiltà occidentale? È il frutto mostruoso della tecnica europea, da cui ha preso a prestito il dinamismo intraprendente (ma a cui finisce anche per opporsi), e delle ideologie egualitarie scaturite dal monoteismo giudeo-cristiano. Si realizza appieno nell’America del Nord che le ha dato l’impulso decisivo all’indomani della Seconda guerra mondiale. Come la cristianità, la civiltà occidentale nutre un progetto universalista ed egualitario: imporre una società universale fondata sul dominio dell’economia come classe-di-vita e depoliticizzare i popoli a vantaggio di una “gestione” mondiale.”
La Nuova società dei consumi, Contro l’economismo, Il senso della storia, Gli eroi sono stanchi, Per farla finita con il nichilismo, I titani e gli dei, La società del non-lavoro, Cos’è la realpolitik, i numerosi articoli sulla tecnica e lo spirito faustiano sono decine i testi e le interviste brillanti, chiari, diretti, atemporali che bisogna assolutamente riscoprire. Come il suo Perché combattiamo, uscito nel 2001 – nel 2023 in Italia – ma che non è solo una versione aumentata del suo Lessico del rivoluzionario scritto nel corso degli anni 80. Questo Manifesto della resistenza europea, concepito sotto forma di dizionario di 177 idee chiavi, risponde in maniera limpida a dilemmi del presente: “Combattiamo per l’eredità dei nostri antenati e per il futuro dei nostri figli”.
Impotenti sulla scena internazionale, senza più volontà di perpetuarsi, i popoli d’Europa sono usciti dalla storia. Colonizzati culturalmente, si lasciano invadere. Alla vigilia di una convergenza di catastrofi – collasso economico e finanziario, caos migratorio, crollo demografico, vuoto politico, moltiplicazione dei conflitti armati sul suolo europeo, ecc – avere le idee chiare sulle ragioni di una giusta lotta identitaria, comprendere il mondo che ci circonda e le ideologie che lo sottendono, formare il proprio pensiero e poter presentare argomenti validi è più che mai necessario. Questo fu l’opera di Guillaume Faye.
Audrey D’Aguanno
Ringrazio Robert Steuckers per il contributo la gentile concessione delle foto inedite.
I testi di Guillaume Faye sono disponibili nel volume Dei e Potenza, edizione Altaforte, e sui vari siti tale Euro-synergies ; Archive EROE ; Guillaume Faye Archives