Siena, 20 agosto – “Il Palio è un pugno di diamante da tendersi contro qualsiasi nemico d’Italia”. Così Filippo Tommaso Marinetti raccontava il Palio di Siena all’inizio degli anni ’30, esprimendo in una frase tutta la potenza di questa meravigliosa tradizione che affonda le proprie radici in tempi remoti, ma che solo ai giorni nostri subisce i continui attacchi di una società schiacciata dal peso del proprio esacerbato progressismo.
La pietra dello scandalo, in quest’ultima edizione, è stata lo scontro fisico tra le contrade storicamente rivali dell’Onda e della Torre alla fine della “carriera”, un confronto durato qualche minuto e poi sedato dall’intervento dei vigili urbani intervenuti. Tanto è bastato per scatenare l’ennesimo scandalo intorno al Palio dove, a quanto pare, la nostra sempre attenta classe giornalistica ha scoperto esserci un campanilismo profondo che spesso nei secoli è sfociato in contese non proprio ortodosse.
Insomma parliamoci chiaro, da quando esiste il Palio esistono le rivalità, e nessun buon proposito di facciata potrà mai convincere un contradaiolo della Chiocciola a scambiarsi convenevoli con un Tartuchino come se negli ultimi 450 anni non fosse successo nulla. E non serviranno le note di biasimo della pubblica opinione indignata, Istrice e Lupa rimarranno rivali fin quando lo vorranno perché a Siena l’importante non è partecipare, ma vincere, e lo sanno i contradaioli come lo sanno i fantini che non risparmiano nerbate e spintoni. C’è un vecchissimo adagio a Siena che recita “amici di qualcuno, sgabelli di nessuno” e questo è lo spirito, piaccia o no.
Il Palio di Siena non è certo il solo a dover salire sul banco degli imputati per subire la condanna dei censori del nostro tempo, a dividere con lui questo ingiusto destino ci sono molte altre nobili discipline tramandate nei secoli. Una su tutte il Calcio storico Fiorentino, vero e proprio esempio di competizione e sacro rito di appartenenza per chi lo pratica e per chi lo segue. Talmente sacro che il 17 febbraio del 1530 la partita si disputò sotto l’assedio delle truppe di Carlo V, con la popolazione in festa e le palle di cannone che volavano sopra le teste dei calcianti.
Se il Palio di Siena e il Calcio storico Fiorentino sono riusciti a sopravvivere attraverso sconvolgimenti politici, guerre tra stati italiani, guerre tra Italia e potenze straniere e persino due guerre mondiali, oggi devono fare i conti con una minaccia forse meno eclatante ma altrettanto concreta e pericolosa. In questi tempi così ovattati, tiepidi, terribilmente borghesi, non c’è spazio per slanci vitali di questo genere, per un’espressione energica di appartenenza che vada oltre l’applauso di rito.
In un’epoca di sovversione come quella in cui viviamo diventa però di vitale importanza la difesa di ciò che è virile e i toscani in questo hanno molto da insegnarci, perché se è vero che in un “paese normale” queste cose non accadono, è vero anche che l’Italia, nonostante il suo progressivo imbastardimento, ha ancora sangue vivo che scorre nelle vene dei propri figli. Per carità, non che il valore di una nazione sia da ricercarsi nel quantitativo di manrovesci assestati durante una manifestazione sportiva tradizionale, ma è anche da questi esempi che si misura la vitalità di un popolo.
È arrivato il momento di dirlo finalmente, al di là dei falsi moralismi e delle reprimende dei Quaccheri di turno: contro l’annichilimento di ogni volontà, contro il torpore che avvolge lo spirito contemporaneo prendiamo spunto dal Palio di Siena, dal Calcio storico Fiorentino, dalle Quintane di Ascoli e Foligno per ritrovare quel minimo di tempra perduta, per dirla con Ezra Pound, “a marcire nella femminea pace”.
E se qualcuno poi dovesse tornare a casa con un occhio nero ben venga, in fondo la vita non è fatta di solo vivere.
Michele de Nicolay