Roma, 26 ago – Non si dice mai abbastanza che la prima metà del Novecento è per l’Italia un periodo di notevole sviluppo artistico-culturale. Lo spettro del secondo conflitto mondiale tende al giorno d’oggi ad oscurare quello che di diritto si potrebbe definire un rinascimento moderno costellato di innovazione e avanguardia, questo grazie ai talenti allora presenti nella penisola. Libero Tosi è uno di questi nomi, in particolare per quanto riguarda la fotografia, mezzo espressivo oggi universalmente riconosciuto come artistico, conferimento invece non scontato negli anni ’20.
Libero Tosi nasce nel 1902 in seno alle sponde del Po, a Guastalla. Ultimo di cinque figli frequenta corsi di disegno e fotografia presso il maestro decoratore Masetti, allora direttore della Scuole d’Arte di Guastalla. Esordisce come professionista nel ’19, a diciassette anni, quando fonda con Plinio Zani lo “Studio Artistico Fotografico Tosi & Zani” in quel di Gualtieri, paese che ospitò Ligabue e dove Benito Mussolini insegnò come supplente. Solo un anno più tardi decide tuttavia di spostarsi a Milano, città culturalmente stimolante ed animata dai futuristi. Nel capoluogo lombardo Tosi inizia a maturare un proprio stile attraverso varie frequentazioni tra laboratori e studi cittadini.
Appena diciannovenne viene chiamato sotto le armi e partecipa alla campagna di Libia. Una volta tornato dall’Africa collabora con la SFRAI, un’istituzione soprattutto per la ritrattistica e la riproduzione d’opere d’arte. Qui Libero Tosi sviluppa ancora di più un marcato ed elegante realismo unito ad un gusto tipicamente pittorico applicato alla fotografia. Gli scatti di Tosi colgono dei volti allo stesso tempo terreni e spirituali. I soggetti vengono catturati in profondità, analizzati nel loro essere e restituiti al pubblico arricchiti d’un onesto e silenzioso pathos, come personaggi d’una antica e saggia epica fluviale, di quel grande fiume Po dal quale proviene. Non a caso la pubblicazione a cura di Mauro Carrera e Marzio Dall’Acqua è intitolata “Libero Tosi – Un Aristocratico modo di vedere il mondo”. L’interesse per la sperimentazione artistica lo porta a frequentare l’ambiente dei fotopittori come Crimella, i Castagneri, Badodi e Sommariva, ma anche a seguire corsi di figura all’Accademia di Brera, mentre nel ’25 le Terme di Casino Boario gli affidano la copertura fotografica della stagione termale.
Anno cruciale è il 1929. Libero Tosi si trasferisce a Parma e fonda in pieno centro Photorapide, moderno studio artistico-fotografico dal forte slogan commerciale “5 pose, 5 minuti, 5 lire”. Osteggiato da una concorrenza preoccupata dal suo dinamismo imprenditoriale, Tosi diventa un nome e un nuovo punto di riferimento per la fotografia. La sua ritrattistica, l’uso della luce e il personale tocco artistico fanno eco in tutto il territorio padano, tanto da essere invitato dalle istituzioni, nel ’36, ad esporre alla IV mostra del Gruppo Universitario Fascista di Parma, fino a raggiungere una consacrazione tale da essere assunto dall’Ente provinciale per il Turismo di Parma (sua fonte più redditizia). Qui realizza col celebre Carlo Mattioli lo storico manifesto cittadino recante uno scatto di San Giacomo minore, ora patrimonio della Provincia e conservato nell’Archivio storico Comunale.
Nel 1943 Tosi ha l’onore di ritrarre nel suo studio il celebre Ottone Rosai, artista fascista e anticlericale, suo amico personale come testimoniano i carteggi. Oltre a Rosai, Tosi immortala anche Guttuso, Soldati, Casorati, Marcheselli, Pezzani.
Negli anni successivi alla guerra, Libero Tosi è segretario del Sindacato degli Artisti Parmensi, lavora come fotografo per l’edizione 1947 di Miss Italia, immortala il campione di pugilato Padovani, collabora con Il Resto del Carlino e consegue la qualifica di pilota civile per realizzare servizi fotografici aerei. Oltre a presiedere numerose giurie e organizzare mostre, continua a stupire coi suoi lavori: nel 1960 il suo montaggio del Duomo di Parma e della Primavera dell’Antelami vince il concorso indetto dall’Ente Provinciale per il Turismo.
Il territorio parmense e in particolare l’arte romanica destano per i successivi anni particolare interesse per la produzione di Libero. Un linguaggio, il suo, sempre più delicato e rarefatto, capace di fargli ottenere numerosi nuovi riconoscimenti e premi.
Tosi muore nell’agosto del 1988 nell’adottiva Parma, all’età di 86 anni. Per suo volere è sepolto nella nativa Guastalla, accanto alla moglie defunta venticinque anni prima.
Termina così la vita d’un nobile gigante del Novecento. Un fotografo sempre pronto a superare i limiti della fotografia. Un artista innamorato della sua pianura padana, dei suoi volti e dei suoi luoghi. Come lo definisce Carlo Quintavalle “Un fotografo poeta”, un gentiluomo che nel secolo scorso ha dimostrato che lo sviluppo dell’arte fotografica non è stato solo appannaggio di Francesi e Americani, ma al contrario, come l’Italia abbia espresso personalità più che rilevanti in questo percorso.
Alberto De Lorenzi