Roma, 17 giu – Nonostante il gruppo vincitore dell’ultimo Eurovision song contest – svoltosi lo scorso mese a Torino – provenga dall’Ucraina, l’edizione del 2023 non si svolgerà nel paese in guerra. Lo ha fatto sapere Ebu (European Broadcasting Union) con un tweet.
L’Ucraina è bella da lontano
L’Ucraina non potrà organizzare l’edizione 2023 dell’Eurovision Song Contest a causa del protrarsi della guerra. La decisione è arrivata dall’Ebu, l’Unione europea di radiodiffusione, che ha valutato il questionario sulla sicurezza per organizzare l’evento ricevuto dalla tv di Stato ucraina. La causa è ovviamente la guerra con la Russia, situazione che al momento non garantisce “la sicurezza necessaria”. Il Paese di Zelensky aveva il diritto ad ospitare l’edizione 2023 della competizione musicale europea in quanto vincitore di quest’anno con la Kalush Orchestra. La band aveva conquistato il gradino più alto del podio con “Stefania”. Ma nulla da fare, bello tutto ma mica si può rischiare per la musica. “Data la guerra in corso, l’Ebu si è presa il tempo per condurre una valutazione completa e uno studio di fattibilità con UA:PBC (televisione pubblica ucraina, ndr) e specialisti di terze parti, anche su questioni di sicurezza – si legge nel comunicato ufficiale . L’Eurovision Song Contest è una delle produzioni televisive più complesse al mondo con migliaia di persone che lavorano e partecipano all’evento e 12 mesi di tempo di preparazione necessari. A seguito di un’analisi obiettiva, il consiglio di amministrazione dell’ESC ha concluso con profondo rammarico che date le circostanze attuali le garanzie di sicurezza e operative richieste a un’emittente per ospitare, organizzare e produrre l’Eurovision Song Contest secondo le regole dell’ESC non possono essere soddisfatte da UA:PBC”.
I nuovi contendenti
Il Regno Unito è dato in pole position per fare le veci di Kiev. Ma dall’Italia sono già partite le polemiche, che potrebbero essere il preludio ad una candidatura bis: il regolamento prevede che a ospitare il festival della canzone europea sia il Paese vincitore dell’edizione precedente. E venendo meno l’Ucraina, gli ultimi trionfatori effettivi sono i Maneskin. D’altra parte, però, i britannici sono arrivati secondi nell’ultima edizione, e potrebbero far valere questo risultato. “Con tutto il rispetto per il Regno Unito, che amo follemente, penso che la decisione di disputare lì il prossimo Eurovision sia davvero sbagliata. E non per restringere il campo di una competizione larga, è la sua forza. Ma perché il suo messaggio europeo ed europeista oggi deve fare premio”, ha scritto su Twitter il senatore del Pd Filippo Sensi, ex portavoce di Palazzo Chigi con Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. Ma per il momento, l’Ebu ha già dato una mezza investitura alla britannica Bbc: “In conformità con le regole e per garantire la continuità dell’evento, l’Ebu inizierà ora le discussioni con la Bbc per ospitare l’Eurovision Song Contest 2023 nel Regno Unito, Paese arrivato secondo nell’ultima edizione”, si legge in un comunicato.
Un eurobidone
Che ne è stato delle belle parole e della feroce propaganda che aveva consegnato la vittoria all’Ucraina nell’ultimo contest? Era solo ipocrisia e bisogno di monetizzare il dolore di una nazione intera? Sta di fatto che sono lontani i tempi in cui la musica sfidava le avversità pur di portare il suo messaggio nel mondo e in cui il rock non era questione di sicurezza, anzi… Almeno, gli U2 e Bono Vox (che non brillano certo per scorrettezza politica) hanno avuto la decenza di recarsi nella metropolitana di Kiev per suonare di pace, e le note di Sunday Bloody Sunday sono state accompagnate dalle sirene antiaeree. Sorprende che sia proprio un contest che aspira ad essere europeo a tirare il bidone ai suoi vicini di casa, dopo gli accorati appelli televisivi e la stucchevole propaganda pacifista. Un’occasione mancata per insegnare un briciolo di coraggio oltre le etichette commerciali.
Sergio Filacchioni