Roma, 30 lug – Quale riuscito esempio di mescolanza tra etnie e modelli culturali, quello offerto dall’esercito romano dell’età del principato (e, ancor più, del tardo-antico), costituisce spesso un feticcio sbandierato da certi ambienti per rammentare in ogni occasione utile, l’ineluttabilità dell’umano destino (e la sottesa grandezza legata ai principi che ne discendano): una gioiosa confusione di idee, tradizioni e lingue. Beninteso, tutto ciò non è rinvenibile nel pensiero degli specialisti della materia, i quali ben consci di come stiano le cose nella realtà, si guardano bene dal propugnare simili sciocchezze. Ma tant’è. L’idea è dunque quella che le armate romane, abbiano rappresentato un sorta di microcosmo e che testimonino e provino quel processo di confusione di culti che sarebbe divenuto tratto caratteristico dell’epoca imperiale, sì che proprio all’interno delle forze legionarie si sarebbe prodotto uno sfaldamento dell’originaria identità religiosa italico-romana a tutto vantaggio dell’orientaleggiante mondo dei misteri.
L’esempio che viene alla mente è quello del culto di Mitra. Le più recenti ricerche (specie di carattere epigrafico e prosopografico) hanno dimostrato, in realtà, che la sua diffusione si limitò al ceto medio-basso (soldati di rango inferiore, funzionari della burocrazia imperiale di livello piuttosto modesto, oltre a una gran mole di liberti e schiavi) ed ebbe ben poco dei tratti del virile tradizionalismo propriamente romano che si son voluti vedere in esso da parte di certi ambienti ancor oggi legati a giudizi risalenti ad un’epoca dominata da scarse conoscenze, come fu quella degli anni 30’ – scadendo, piuttosto, la religione mitraica, in un confuso insieme di liturgie esotiche (in cui, forse, neppure l’influenza del primo cristianesimo fu assente) mescolate tra loro, funzionali al carattere astronomico della sottesa ideologia, accompagnate da un attraente sfondo esoterico-soteriologico che poco o nulla aveva a vedere con l’originario culto iranico, sì che la nascita dello stesso rituale rimane sospetto; e, incidentalmente, assai poco “iniziatico”, di fatto: giacché, forse non del tutto a caso, manca ad esempio qualsiasi prova epigrafica (come cippi funerari e votivi, in gran uso all’epoca) che un adepto ai misteri mitriaci, sia mai appartenuto ad un grado inferiore al quarto – come noto, i gradi “iniziatici” sarebbero stati sette – e quindi sorge il sospetto che l’avanzamento fosse garantito un po’ a tutti quanti; con una certa speditezza e senza troppi problemi, insomma. Nonostante qualche moderna fisima, siamo ben distanti da ciò che fu il mos maiorum: giammai, d’altro canto, la religione mitraica ottenne un riconoscimento ufficiale dallo stato romano. Tuttavia, resta il fatto che la sua estensione (così come quella di altri culti orientali, che non va però esagerata, come vedremo) proverebbe la nascita di un nuovo modello culturale e religioso che si sarebbe progressivamente sostituito a quello romano tradizionale, specie in ambito militare.
Senza dubbio, il contatto nelle province più lontane, tra legionari, locali comunità e truppa ausiliaria, favorì la trasmissione (o meglio, contaminazione) tra differenti costumi e ritualità; parimenti, il trasferimento degli uomini da una guarnigione all’altra, costituì un veicolo per la penetrazione anche in Occidente dei culti orientali. Conosciamo ad esempio il caso di un centurione, tal Petronius Fortunatus, che nel corso della propria carriera militare, durata oltre 50 anni, fu trasferito in ogni angolo dell’impero: dall’Africa e Arabia, all’Italia, dalla Siria, alla Bretagna e Germania. Per tal via, un Juppiter Dolichenus, poté stabilirsi in Mesia proveniente dalla Siria e così Osiride trovò un qualche seguace sul limes germanico(seppure, assai più limitatamente). Ma è anche facile osservare, prima facie, come in realtà, proprio la rigida distinzione tra unità legionarie (cui potevano accedere solo coloro che possedessero la cittadinanza romana) e le unità ausiliare, costituisse una barriera alla penetrazione di identità estranee a quelle più strettamente cittadine ed identitarie italiche. Si tenga conto che fino all’approvazione della cd. Constitutio Antoniniana (212. a.C., ossia l’editto emesso dall’imperatore Caracalla, che garantì la cittadinanza a gran parte degli abitanti dell’Impero: si calcola che sino ad allora, solo 1/3 della popolazione fosse un civis romanus) proprio attraverso il sistema dei diplomi militari (cioè documenti che venivano rilasciati agli ausiliari, al termine del servizio) veniva riconosciuta allo straniero, la civitas romana piena, ch’egli poteva trasmettere alla propria famiglia e ai discendenti. Ma solo a condizione che avesse onorato il proprio giuramento di fedeltà a Roma, al pari del legionario, prestato al momento dell’arruolamento (con una cerimonia religiosa detta anche honesta missio). Un esempio che dovrebbe essere preso a modello ancor oggi, sul significato più profondo dei doveri e degli oneri in capo a chi pretenda di accostarsi ad un’altra civiltà o nazione per cercare di entrarvi a pieno titolo. Ancora, la reale diffusione dei peregrina sacra (cioè i culti stranieri) tra i militari, deve essere ridimensionata alla luce delle evidenze archeologiche: essa non incise mai concretamente, quanto a dimensioni, sul sistema religioso romano tradizionale. Ad esempio, l’insieme della documentazione conservata riguardante la provincia della Mesia e risalente agli stanziamenti militari delle legioni romane, attesta che circa l’80% delle dediche epigrafiche della metà del III° sec. d.C, erano rivolte a divinità facenti parte del pantheon romano. Emerge un altro dato: ossia che gli uomini appartenenti alle unità ausiliarie “regionali” (cioè provenienti dallo stesso luogo di reclutamento) e che andavano a formare reparti autonomi dal caratteristico nome, conservavano i propri culti privati, senza però influenzare le truppe legionarie “regolari”. Lo stesso mitraismo, nonostante certi falsi sensazionalismi à la Voyager, conobbe una penetrazione piuttosto modesta nei centri urbani e nelle stesse guarnigioni romane, e cioè pari a circa il 2% dell’intera popolazione dell’impero, quantomeno agli inizi del III° sec. d.C.; anche applicando modelli di sviluppo geometrico alla diffusione di un culto di natura misterica e da cui erano escluse le donne, siamo ben lontani dalla leggenda, secondo cui la religione mitraica contese al cristiananesimo le sorti della nostra civiltà.
E’ semmai vero, in un certo senso, il contrario: ossia che furono le popolazioni e i soldati provinciali ad essere influenzati dal pensiero religioso romano. A tal proposito, possediamo uno straordinario documento coevo, spesso misconosciuto o volutamente dimenticato, che conferma quest’ipotesi. Tra il 1931 e il 1932, nel corso di scavi effettuati nei pressi del fiume Eufrate, a Dura-Europos, un piccolo papiro con testo in lingua latina (detto Feriale Durianum), fu rinvenuto tra gli archivi della Cohors XX Palmyrenorum (cioè, un’unità ausiliaria dell’esercito romano, di stanza nell’antica provincia della Siria) conservati all’interno delle rovine di un tempio apparentemente dedicato alla divinità siriana di Azzanathkona (ossia Attagartis). Per quanto corrotto in alcune sue parti, il documento resta sufficientemente chiaro nel contenuto: il papiro contiene infatti un calendario risalente all’età severiana (più esattamente, databile tra il 223 e il 227 d.C., regnante l’ottimo e pio Severo Alessandro) con le ricorrenze religiose da osservarsi nel corso dell’anno da parte dei militari della locale guarnigione. Le successive ricerche e lo studio del Feriale Duranum hanno accertato come esso rappresenti una copia del testo che veniva inviato ad ogni legione o anche unità militare romana formalmente indipendente, purché a livello di cohors (fanteria) o ala (cavalleria), composta da ausiliari, cittadini o meno che fossero, perché fosse osservato e seguito. Il testo (mancante per gran parte il periodo ottobre-dicembre, ma pressoché integro per i precedenti mesi) riporta giorno per giorno, le divinità da onorare e i sacrifici da compiersi, divisi tra supplicationes (cioè preghiere accompagnate dall’offerta di incenso e vino) e immolationes (cioè sacrifici animali). L’insieme, molto articolato, può essere suddiviso, grosso modo, in quattro gruppi di festività: quelle riservate per onorare il genio dell’imperatore regnante nel giorno della sua nascita e il genetliaco dei grandi condottieri del passato (Germanico, Cesare, Augusto etc), quelle dedicate alle principali feriae publicae romane (Vestalia, Neptunalia, Saturnalia etc) quelle dedicate alle singole divinità (Mars, Juppiter, Hercules etc) e alle ricorrenze per i riti strettamente militari (come quello del giuramento di fedeltà da rinnovarsi ogni 3 gennaio, i rosalia signorum etc).
(1.-CONTINUA)
Stefano Bianchi
8 comments
Buon testo con spunti storici interessanti,su cui riflettere.
Articolo molto interessante. Non si finisce mai d’imparare.
mi riservo di intervenire con un lungo articolo, per discutere e confutare tutta una serie di inesattezze che sono contenute nell’articolo che ho letto. Nel mio libro I Misteri del Sole e nei numerosi articoli succe3ssivi che ho pubblicato su centrostudilaruna.it mi sono occupato ampiamente del mithrismo.
Saluti Stefano Arcella
correggo: mithraismo e non mithrismo.Era un errore materiale.
Questi si che sono argomenti da politici: il paganesimo morto e sepolto! Capisco che non sia possibile farvi curare ma almeno tentateci
Salve Raffaele…il paganesimo e’ religione ancora oggi praticata: viaggi un poco in India e lo vedra’ in opera. Del resto, ad osservare il passato di tante civilta’, ci si rende conto che l’unica religione universale e’ proprio il vecchio paganesimo e non il cristianesimo ( Gesu’ assicura di essere venuto per riportare al ‘padre’ i giudei ) ne’ l’Islam ( la chiosa finale del Corano indica che il testo e’ stato dato alla nazione araba: e stop ), ne’ tantomeno il giudaismo, riservato a chi nasce ebreo. Il paganesimo e’ il sostrato comune a tutta l’umanita’ e presenta tratti assolutamente simili se non identici a distanza di secoli e millenni, attraverso continenti e popoli che non hanno mai avuto contatti: come mai ? Studiarlo e’ dunque indispensabile sia per capire il nostro passato sia per riattivare il legame con la Natura e con le forze in essa celate.
Opinione interessante.Ma le consiglierei di riflettere su codesta frase:O Gesù Cristo è stato il più impostore della storia oppure era veramente Figlio di Dio per fare ciò che ha fatto,”tertium non datur”.
Lei potrebbe obiettarmi che i Vangeli sono privi di fondamento storico oppure che sono di molto posteriori al periodo della predicazione di Nostro Signore.
Per questa obiezione basta semplicemente riportare i rotoli di Qumran.
Invece per la prima obiezione,all’apparenza più complessa,ci sono un sacco di dettagli potremmo definire “scandalosi”per l’epoca che rendono perciò il testo assolutamente veritiero.
Per giunta gli studi antropologici seri(per questo la indirizzo a siti come Sursumcorda e Don Curzio Nitoglia)hanno confermato che
i popoli primigeni avevano un unico Dio e non un una moltitudine di dei come si crede diffusamente.
Spero di poterla farla rinsavire e farle scoprire la vera fede Cattolica.
P.S.I filosofi antichi classici non erano affatto favorevoli alla religione popolare pagana e potremmo definirli quasi “monoteisti” a causa della volgare antropomorfizzazione delle divinità e della loro intrinseca contraddizione morale,come fa notare bene Platone nel dialogo di Eutifrone.
Discorso interessante ma:
-O Gesù Cristo è il più grande impostore della storia oppure è Figlio di Dio,tertium non datur;
-Gli studi antropologici seri(per questa la rimando a siti come Don Curzio Nitoglia e Sursumcorda)dimostrano che i popoli primigeni veneravano un unico Dio e non una moltitudine di divinità come si crede purtroppo diffusamente,che invece sono una corruzione del monoteismo;
-I rotoli di Qumran dimostrano che i Vangeli sono stati composti dopo non molto tempo dagli avvenimenti di Nostro Signore Gesù Cristo;
-I filosofi antichi disprezzavano la religione pagana e potremmo definirlo quasi “monoteisti”a causa della vergognosa antropomorfizzazione degli dei e della loro intrinseca contraddizione morale e si veda per questo il dialogo Eutifrone di Platone.
Spero che questa lista la possa far rinsavire e abbracciare la Vera Fede.
Cordiali Saluti
P.S.Il Cristianesimo ha illuminato e innalzato ciò che di buono vi era nella cultura classica e non l’ha distrutto(vedasi ad esempio la Scolastica,che riprende in parte Aristotele)