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Leao, il principino che quando replica non ha nulla da dire: ma lo abbiamo “creato” noi

by Stelio Fergola
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Leao vs Di Canio

Roma, 3 sett – Quanto successo tra Leao e Paolo Di Canio, con Theo Hernandez sullo “sfondo”, è la diretta conseguenza di anni di delirio di massa. Anni di supervalutazioni totalmente immotivate, di esaltazioni, di altari del calcio esistenti solo ed esclusivamente in Italia. Stagioni intere in cui soprattutto il primo dei due non ha quasi mai inciso, ma che non si capisce come sono bastate per elevarlo a idolo della tifoseria rossonera e a invidia delle altre. Cosa può produrre il succitato delirio di massa, se non l’egomania estrema di un individuo, chiunque esso sia?

Leao, il finto fenomeno che ora assaggia il peso delle critiche

La prima cosa che un simile atteggiamento di massa può generare in un calciatore è la convinzione di sentirsi il padreterno. Un padreterno sempre e soltanto nell’Italia che trasforma in Pelé chiunque – tranne gli italiani, ovviamente – questo deve essere chiaro. Quando poi finalmente si capisce – dopo cinque anni – che forse il giocatore Pelè non è, cominciano a piovere delle critiche. Nel frattempo però l’egomania del soggetto in questione (che può essere Leao ma anche qualcun altro) è già bella che partita. Ovviamente, non si tratta di una giustificazione. Se sei un divo e non sei in grado di reggere con serietà quel ruolo, sei tu il primo a sbagliare.

E così fa Leao, insieme a Theo, che da principino portato in trionfo costante sulle piazze di Milano come si sente produce atteggiamenti da divo, da speciale, da “stocazzo” come si dice in gergo. E allora ecco il cooling break a cui non partecipa, assieme a Theo, perché “io sò io e voi…”, per dirla alla Marchese del Grillo, ecco la sacrosanta critica di Paolo Di Canio, ed infine la risposta davvero imbarazzante dell’attaccante del Milan sui social. Non per il contenuto, ovviamente, ma per l’imbarazzo infinito di attaccarsi addirittura alle idiozie della cultura dominante per rispondere al contestatore: l’antifascismo. Avete letto bene: messo alle strette, a Leao non è rimasto altro che l’antifascismo per rispondere. Siamo sempre lì: farebbe ridere, se non facesse piangere.

La frustrazione di chi non ha nulla da dire, oltre che da “giocare”

La risposta di Leao sui social, ritraente Di Canio calciatore protagonista di un saluto romano indirizzato alla curva, è da poveretti. In spirito, oltre che in agonismo e senso puro dello sport. L’unica cosa che l’attaccante ha potuto dire “contro” l’ex- giocatore di Lazio e Juventus ha riguardato il suo passato fascista. Ai livelli, nè più nè meno, dello stalking della cultura e della politica mainstream su Acca Larenzia e su altre celebrazioni o ricorrenze tenute da Casapound, per intenderci. Ovviamente, non c’è nulla di male sul fatto che Di Canio sia stato fascista. E francamente trovai vergognosa la gogna mediatica a cui venne sottoposto dopo quel gesto, tipico di un Paese che ha perso la bussola della ragione, oltre ad aver di fatto imposto una censura atteggiandosi pure a “democratico”

Vent’anni dopo o quello che sono, un giocatore sopravvalutato (che forse dentro di sé comincia a capire di essere stato sopravvalutato) decide di reagire a una critica aggrappandosi a quella bussola mancante, a quel delirio dell’imposizione culturale di regime. Il che si traduce in quel tristissimo post. Degno di un calciatore non solo ha poco da dire, ma anche poco da “giocare”. Ed è grave, visto che giocare dovrebbe essere il suo mestiere.

Stelio Fergola

 

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