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“Le catene” di Ilaria Salis, il nuovo strumento con cui distrarre l’opinione pubblica

by Stelio Fergola
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Catene Salis

Roma, 28 mar – Ci hanno scritto enciclopedie intere, sulle “catene di Ilaria Salis”. Quelle con cui entra nel tribunale ungherese, accusata di reati gravissimi che per la stampa mainstream italiana non sono degni neanche di approfondimento. Ci si riprova stamattina, e a farlo è un’agenzia di stampa, non solo “la Repubblica” di turno. Le catene come strumento di distrazione di massa da ciò di cui è accusata la

“Le catene di Ilaria Salis”, il mainstream che non ci vuole sentire

“Ancora con le catene”, titola un servizio Rai, inquadrando la Salis che entra in tribunale. Sì, ancora con le catene, cara Rai, ancora con le manette, cara Repubblica, ancora in carcere, cara Ansa (e questo forse è il più grave dei rimbrotti). Ilaria Salis non è imprigionata in Ungheria con l’accusa di aver rubato dei fiori, ma di aver spaccato teste di innocenti. Non sta lì a seguito di una rivoluzione e di una lotta per la presunta libertà di non si sa bene chi. Sta lì perché è accusata di aver preso parte a legnate di gruppo contro nove persone innocenti, di cui sei finite in prognosi riservata (tranne che per parte della stampa italiana, la quale ha continuato a insistere con le “ferite lievi”). Non è una santa in attesa di salvezza, imprigionata casualmente. È un’imputata accusata di azioni gravissime.

Strumento di distrazione di massa “da reati”

Parliamo di catene e di carcere come se a portare le prime e ad abitare il secondo sia Madre Teresa di Calcutta, praticamente innocente a prescindere e non fino a prova contraria. Con le catene si indica la via della distrazione da aggressioni, percosse e legnate di cui è accusata la stessa santa maestrina settentrionale. A posto così. Con le catene si santifica chiunque, anche lo strangolatore di Boston. Con le catene si mobilitano le piazze. Che Elly Schlein parli di oltraggio alla dignità nazionale poi fa particolarmente ridere, ma non fa testo. Che lo faccia anche Antonio Tajani un po’ meno…

Stelio Fergola

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