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L’attacco all’Unione europea è la più grande occasione di risveglio del popolo italiano degli ultimi 80 anni

by Stelio Fergola
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Roma, 4 lug – Non esiste occasione più grande dell’attacco all’Unione europea per provare quanto meno ad iniziare un percorso di risveglio del popolo italiano. In molti, in troppi ancora non se ne sono accorti. In tantissimi hanno già tirato i remi in barca perché sì sa, se c’è l’impero asburgico dominarti in pieno XIX secolo, lo percepiamo come intoccabile e intangibile e, in fin dei conti, qualcosa con cui convivere. Ops, i risorgimentali non ragionarono così. Troppi lo fanno oggi, contro un’entità ovviamente diversa ma in quanto a soverchiamenti non seconda a nessuno, nella travagliata storia di sottomissioni italiane.

Le angherie dell’Unione europea possono risvegliare il popolo italiano, ma occorre essere coraggiosi

Occorre avere coraggio, forza, sicurezza in sé stessi. Non domandarsi di risultati immediati ma generazionali. Con la consapevolezza che la storia può sempre sorprendere (nessuno, anche a pochi anni dal 1989, si aspettava un crollo del comunismo così tempestivo, eppure avvenne). L’unica cosa che sappiamo è che l’euroscetticismo non esisteva neanche fino a una decina di anni fa ed ora riguarda più o meno la metà della cittadinanza negli Stati membri.

L’economia e l’impoverimento sono i grimaldelli giusti per giungere allo spirito, e lo spirito è Nazione, come ci insegnava Giuseppe Mazzini ma praticamente tutto il movimento risorgimentale ottocentesco. Maastricht è stato il primo affronto, poi la deindustrializzazione e le privatizzazioni seguite alla necessità di starvi dietro, e poi ancora i vari fiscal compact, i pareggi di bilancio, fino a giungere al Pnrr, per buona metà prestiti che andranno restituiti per tenerci ancora più al tremendo guinzaglio del debito perenne che non ci lascia scampo, non ci permette di avere uno Stato forte (industriale come sociale), ci priva della sovranità necessaria perfino per controlare i nostri confini. Insieme, questo è palese, alla Nato. La differenza è che l’Alleanza Atlantica succede a un trattato di Pace dal quale è difficilissimo uscire in tempi medi, incarnato nella presenza di troppe basi militari americane sul nostro territorio. Bruxelles, al confronto è acqua fresca. Nonostante questo, ancora lontana dal crollare, ma qui entriamo in gioco noi.

Il materialismo è il cavallo di Troia, perché di spiritualità in questa società ce n’è molto poca. Ma nulla esclude possa riprendere vigore in futuro. Occorre però, per l’appunto, avere coraggio, non pensare a cosa si ottenga nell’immediato ma anzitutto a cosa lasciare ai nostri figli.

Un’entità sovranazionale a cui perdoniamo qualsiasi nefandezza

L’Unione europea può risvegliare – per “antipatia” – il popolo italiano, ma dobbiamo smettere di assolverla. Gli abbiamo perdonato il patto di Stabilità, gli perdoniamo perfino i rimbrottamenti quando qualcuno, per sbaglio, ha provato ad arginare il fenomeno dei barconi di clandestini (come il governo gialloverde nel 2018-2019), gli concediamo le ramanzine su quanto siamo “cattivi” e poco diligenti sul controllo dei conti pubblici, nonostante in gran parte del trentennio europeo abbiamo rispettato le regole molto più di Francia, Germania e Spagna. Gli abbuoniamo pure il disastro compiuto contro i contadini italiani, contro i pescatori italiani, contro le piccole e medie imprese italiane.

Recuperiamo lo spirito attraverso la materia. Perché gli agricoltori sono stanchi, i piccoli e medi datori di lavoro pure, i commercianti allo stesso modo. Non si dichiarano esplicitamente contro l’esistenza dell’Ue in ogni occasione, quello no. Ma percepiscono che qualcosa non va. Un “qualcosa” che prosegue, si intensifica. Insegniamogli l’Italia vera mentre insistiamo, invece di piangere su quanto il corrente presidente del Consiglio (di qualsiasi schieramento esso sia) non rappresenti gli interessi del Paese. Con questa Italia, non ci si può aspettare altro. Cominciamo a raccontarne un’altra. Con lo spirito dei cristiani di duemila anni fa e dei risorgimentali del XIX secolo. Senza andare dietro alla quantità, ma alla qualità di ciò che sosteniamo.

Stelio Fergola

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