Roma, 10 gen – Malcolm MacLeod è il classico giovane yuppie immerso nella City londinese, tutto votato alla carriera e al guadagno. Finché un improvviso avvenimento familiare lo riporta a casa, nelle Ebridi Esterne al largo delle Highlands scozzesi. Da qui prende il via la trama di La Via del Nord (€ 18.00, 340 p.), nuovo romanzo appena uscito per le edizioni Passaggio al Bosco e opera d’esordio del giovane autore Valerio Crusco, studioso e appassionato di tradizioni e miti europei, soprattutto norreni. E il mito è il perno centrale intorno a cui ruota tutta la storia. Il ritorno di Malcolm nel nord della Scozia infatti innesca un vero e proprio ritorno all’Origine che è anche un percorso iniziatico.
Il ritorno a casa risveglia quel legame con il sangue, col suolo, con il Clan, con il proprio popolo e con i suoi antichi dei che il mondo finanziario londinese era riuscito solo a sotterrare ma non a eliminare. E soprattutto gli lascia in eredità un antico pezzo di scacchi, custodito da secoli dagli antenati del suo Clan, che lo spingerà alla ricerca degli altri pezzi per ricomporre un arcano set di scacchi fabbricato magicamente ai tempi della dominazione vichinga della Scozia e legato in qualche modo al mito del Ragnarok e del rinnovamento del mondo. La ricerca dei Guardiani, i discendenti dei capi Clan che custodiscono gli altri pezzi magici della scacchiera, si intreccia così con la storia di Volund, il forgiatore poeta “fabbro di canti” che nel XII secolo, ispirato direttamente dal Padre degli Dei, compie a sua volta un percorso iniziatico per portare a termine la costruzione del misterioso set di pezzi magici.
Crusco riesce con abilità, oltre a mantenere alto il livello di coinvolgimento del lettore nel prosieguo della misteriosa avventura, a interallacciare passato, presente e mito come una rete, la rete del Wyrd – un concetto nordico che indica tanto il destino quanto la trama stessa del mondo – intrecciando avvenimenti e incontri così come canzoni moderne e versi dell’Havamal che si concatenano così come se accadessero contemporaneamente e ciclicamente, come il Mulino di Amleto descritto da Giorgio De Santillana che è sicuramente tra le fonti di ispirazione che hanno influenzato l’autore.
Il tutto con un insegnamento centrale che fa da sottofondo all’intero romanzo: essere fedeli alla Tradizione, concetto spesso talmente travisato che oggi riesce a far storcere il naso anche a molti che ad Essa si rifanno, è un concetto che presuppone azione e dinamismo e mai immobilismo e attesa messianica, perché l’unica cosa che deve rimanere fissa è il Centro, ma quel che rimane saldo al perno ruota e agisce, proprio come il mulino di Santillana che ricalca gli antichi simboli polari e solari che sono alla base della weltanschauung europea.
Carlomanno Adinolfi