Roma 3 apr – Benjamin Netanyahu guida il governo di Israele ma – ormai da tempo – non gode di alcun credito in patria. O quanto meno, diciamo che i sostenitori del capo del governo sono in netta minoranza. Le manifestazioni di piazza di questi giorni stanno confermando la mancanza di fiducia totale nel primo ministro, per una serie di ragioni che si concentrano sulla gestione del conflitto in corso.
Netanyahu, le ragioni di una sfiducia collettiva in Israele
Netanyahu è preso di mira da tutti: membri della sua stessa maggioranza, così come dalla popolazione civile, stanca della guerra in corso e interessata solo al recupero degli ostaggi. Per lo meno, questo è ciò che hanno chiesto i manifestanti nei giorni scorsi: la fine delle ostilità, il recupero di chi è ancora imprigionato da Hamas ma, sopratttutto, nuove elezioni e dimissioni del premier. Un approccio che è simile alla pressione internazionale che sta subendo lo stesso Netanyahu, ancora adesso convinto che l’assedio a Gaza sia l’unico sistema per recuperare i prigionieri. La rabbia, comunque, sembra elevata, dal momento che alcuni manifestanti hanno violato le barriere di sicurezza vicino l’abitazione del primo ministro.
La strategia della guerra totale non sta funzionando
Al netto di qualsiasi considerazione etica sulla strage quotidiana in corso nella Striscia di Gaza, c’è da fare una somma dei risultati che Tel Aviv ha conseguito in quasi sei mesi di guerra: pochi o nessuno. Qualche rilascio di ostaggi, nessuna fantomatica “distruzione di Hamas”, critiche internazionali provenienti perfino dai suoi alleati più fedeli (Stati Uniti in primis) per l’azione di genocidio. La stessa Corte dell’Aja ha più volte rimbrottato Israele per la sua condotta: prima condannando esplicitamente il genocidio stesso, poi di consentire gli aiuti umanitari alla popolazione. Perché con i bombardamenti contro chi era in fila per i viveri, oltre a commettere un atto gravissimo e truce, Israele ha anche fatto una figuraccia nei confronti della stampa occidentale, peraltro ben disponibile ad appoggiarlo in molte – se non troppe – occasioni. Insomma, di grandi successi non ce ne sono. Il Paese non è certamente isolato politicamente ma la situazione attuale sembra necessitare di una svolta politica che è avvertita dagli israeliani come conseguente solo a un cambio dei vertici.