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La storia di Simone e Kenan spiega meglio di qualsiasi cosa perché “non abbiamo più i Baggio”

by Stelio Fergola
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Simone Pafundi Kenan Yildiz

Roma, 2 sett – Simone Pafundi e Kenan Yildiz stanno svolgendo carriere opposte, ma non c’è una ragione logica. È così e basta. Il raffronto su ciò che sta accadendo, in tempo reale, è molto utile a rispondere alla lagna insopportabile secondo cui in Italia “non abbiamo più Baggio e Del Piero”.

Simone e Kenan giocano a palla

È il 2013 , Simone inizia a giocare a calcio (in realtà molto prima, ma parliamo della carriera dilettantistica). L’anno prima, nel 2012, Kenan inizia a giocare a calcio (stesso discorso). Simone gioca nel Monfalcone, Kenan nelle giovanili del Bayern Monaco, essendo per metà tedesco. Tecnicamente sono giocatori simili ma anche diversi: forse più attaccante il turco, più trequartista d’attacco l’italiano. La qualità che esprimono è simile a meno di non essere ciechi: non esiste una sola ragione logica per ritenere il secondo in qualsivoglia maniera più completo del secondo.

Comunque, a livello giovanile Simone fa molto più di Kenan. Non perché Kenan non mostri niente di rilevante, sia chiaro, semplicemente Simone fa di più. Perché gioca costantemente con i ragazzi più grandi di lui di un anno se non addirittura due, una differenza che in età adolescenziale (i professoroni che “hanno giocato al calcio”, dovrebbero saperlo, no?). Nelle giovanili soprattutto: Pafundi gioca a 15 anni con l’under 16, a 16 anni con l’under 17 e sempre a 16 anni addirittura nell’under 20. Parliamo di nazionale perché per Pafundi non c’è stato modo di vedere altro, a differenza di Yildiz.

Che a livello giovanile non fa i “salti d’età” di Simone. Il che, per carità, non è motivo di giudizio negativo: non accade quasi mai che un ragazzino più piccolo giochi con i più grandi e questo non preclude assolutamente la possibilità di diventare un grande campione se non un fuoriclasse. Però è una differenza che va presa in considerazione.

Ora “superiamo” la fase giovanile e andiamo nel calcio professionistico. Ci si aspetterebbe che entrambi questi calciatori facciano questo salto, affrontino la sfida e vengano impiegati con costanza. E invece no. Perché nel calcio che conta ci finisce solo uno. Vediamo chi è.

Destini opposti, ma il campo non c’entra niente

Simone finisce all’Udinese, dove non gioca manco una partita ma appena 7 minuti in un intero campionato, in una squadra che lotta per non retrocedere, Kenan alla Juventus e dopo un anno con 27 presenze e 2 reti (numeri modesti, come è normalissimo che sia per un under 18) diventa l’uomo al centro del progetto bianconero. L’altro, Simone, dopo meno di un anno finisce nelle retrovie del modesto campionato svizzero.

Il turco ha illuminato in un paio di partite la scorsa stagione bianconera per poi – come è logico che sia – andare alla ricerca di un minimo di continuità, all’italiano non è stata manco data la dignità di essere impiegato da chi rischiava di finire in Serie B.

Il campo ha detto che, nel percorso giovanile, Simone ha stupito di più di Kenan (non perché quest’ultimo non sia forte o di talento, ripetiamolo per “gli intelligenti”). Il campo ha detto che Simone ha potuto esprimersi solo in nazionale perché nei club nessuno lo ha ritenuto degno di calcare il campo con un minimo di continuità, mentre Kenan ha avuto l’occasione di essere messo in vetrina dalla Signora del calcio italiano.

Particolare interessante: l’anno scorso i procuratori di Yildiz hanno espresso lamentele alla Juventus per lo scarso impiego del ragazzo, quelli di Simone non hanno aperto bocca sui famigerati 7 minuti, che sono rimasti tali, di impiego in Serie A l’anno scorso. Evidemente andavano benone.

Il percorso dei due calciatori parla chiaro: le carriere che stanno facendo pure. Ma “lui”, il campo, in queste storie di “non calcio” non c’entra niente. E negarlo a questo punto significa davvero essere frenati da un gravissimo pregiudizio, oltre che da una mancanza totale di osservazione della realtà. Nell’attesa che arrivi la prossima lagna da lattante: “Non abbiamo più Baggio e Del Piero!”.

Stelio Fergola

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