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La guerra in Ucraina e la convergenza delle catastrofi

by Michele Iozzino
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Meloni G7

Roma, 24 feb – Il 24 febbraio 2022 l’Europa scopriva di essere ancora nella storia e che la storia è un posto pericoloso. È questa una delle tante chiavi di lettura con cui si può leggere la guerra tra Ucraina e Russia a due anni di distanza dalla sua deflagrazione.

Guillaume Faye e la convergenza delle catastrofi

Già sul finire dello scorso millennio il pensatore francese Guillaume Faye prospettava per il XXI secolo una “convergenza delle catastrofi”, ovvero delle “linee drammaturgiche” che avrebbero insieme spinto “verso un punto di rottura di transizione nel caos”. Una scoppio in simultanea che oltre alla crisi avrebbe aperto alla possibilità che da questa emergesse “una nuova civiltà nel dolore”. Tra le linee di intersezione c’erano anche il 2010 e il 2020. Se in effetti il 2010 è stato il momento della crisi, soprattutto di quella economica, il 2020 si aperto con un susseguirsi di catastrofi e di conflitti uno dietro l’altro. La pandemia, la guerra in Ucraina, quella a Gaza, lo scontro latente tra Usa e Cina, e – per una certa narrazione – perfino i rischi ambientali (anche se evidentemente esagerati da una retorica apocalittica). Aggiungiamoci poi l’immigrazione di massa, l’odio si sé da parte di alcune tendenze politico-culturali, e avremo un cocktail esplosivo.

La guerra in Ucraina e noi

Lontanissimo da qualsiasi fatalismo o escatologia apocalittica, Faye vedeva nella convergenza della catastrofi una sfida con cui temprare col fuoco lo spirito europeo. Ma a guardarci intorno le risposte a queste sfide offrono un quadro desolante. Nessun risveglio della volontà di potenza, piuttosto uno sclerotizzarsi delle proprie paranoie e proiezioni mentali. Abituati ad un “imebestiamento in gregge”, per dirla con Nietzsche, gli europei non sembrano riuscire a fari i conti con quell’irrompere dell’imprevisto e del pericolo nella storia che è la guerra. Così abbiamo da una parte chi vede nel conflitto in Ucraina solamente un qualcosa di giuridico, la violazione di un diritto internazionale che assurge a sintomo della distruzione di ogni sicurezza morale. Dall’altra, abbiamo chi in nome della pace, ovvero della propria sicurezza economica e personale, non vede altra via di uscita che l’arrendevolezza e la smobilitazione. Agli occhi di questi ultimi la Russia avrebbe già vinto e sarebbe inutile continuare la guerra, come nella più classica delle profezie che si auto-avverano. Allo stesso modo si carica il conflitto di significati ideologici che non hanno riscontro nella realtà e conducono a perdersi in un labirinto di specchi. Non solo Russia e Occidente non rappresentano davvero modelli antitetici, ma la guerra stessa nel suo significato più profondo esula da qualsiasi categorizzazione. La guerra spezza e mette alla prova le astrazioni e i falsi moralismi. Ci interroga proprio in quanto è qualcosa di elementare e irrazionale.

Michele Iozzino

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