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“Kiev la nostra Normandia”: la nuova invasione Usa dell’Europa

by Stelio Fergola
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Roma, 7 giu – Gli Usa accarezzano l’Europa vassalla. Le parole hanno un peso, e le dichiarazioni elaborate ancora di più: il titolo di Repubblica di oggi dice sutto su come gli Usa pratichino una nuova “invasione” nel vecchio continente  e soprattutto di come lo riconosca e addirittura lo propagandi la stessa stampa liberal. Certamente, con modalità molto diverse da quelle del 1944, ma il parallelo con il sostegno a Kiev non può non suscitare automaticamente una riflessione.

Gli Usa e la nuova “invasione” dell’Europa per mezzo di Kiev

Parole chiare, sparate in prima pagina nell’edizione di Repubblica odierna, che non possono non portare a interrogativi sulla lucidità espressa. Perché il quotidiano in questione tutto è tranne che lucido, di solito, ma c’è un’eccezione importante: ed è quando deve comunicare su questioni dirimenti. Quella ucraina lo è senz’altro, così come quella russa ma ancor di più quella americana, meglio ancora se la parola “americana” subordina quella “europea”. Ormai non si tradisce neanche un minimo di “simulazione” sull’essere uno dei tantissimi megafoni propagandistici di Washington operanti sul nostro territorio. Titolo secco, sparato a caratteri cubitali: “Kiev, la nostra Normandia”.

Riportando dichiarazioni di Joe Biden che praticamente sostengono la stessa cosa: “Oggi come allora contro i dittatori”, tuona l’inquilino della Casa Bianca. Accompagnato da Emmanuel Macron e da Carlo III, come è logico che sia, visto quella circostanza li vide fianco a fianco nell’ottenere una vittoria che fu anche la nosra sconfitta (esattamente come quella russa, sia chiaro).

Il lungo periodo però avrebbe generato realtà poco piacevoli anche per Londra e Parigi. Con lo sbarco in Normadia, l’Europa occidentale  finì in modo irreversibile nelle mani degli americani. E ci finirono perfino loro, i “compagni vincitori” francesi e inglesi, senza parlare nemmeno degli ormai prossimi e praticamente certi sconfitti tedeschi e italiani. Come sotto i sovietici sarebbero finiti i popoli dell’Europa orientale. La premessa della spaccatura era già evidente. L’unica differenza del “nuovo sbarco” rispetto al vecchio è che ad oggi non esiste nessuna spaccatura: l’Europa è quasi totalmente nelle mani di Washington. E sarebbe il caso di rendersene conto, perché dalle riflessioni che si leggono in giro traspare come minimo un po’ di miopia (per usare un eufemismo) sulla questione.

La storia si muove e non resta immobile

C’è un altro aspetto che le parole di Biden e le sintesi della stampa liberal mainstream evidenziano con particolare interesse: la mobilità della storia. Non sembra un aspetto noto a tutti, dal momento che per molti (soprattutto i sedicenti antifascisti, ma non solo) essa sembra essersi fermata al 1945 (o nella migliore delle ipotesi al 1988), al fascismo, al comunismo o addirittura all’alleanza del tutto insolita tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Ma siamo nel 2024, il fascismo è caduto (sebbene le sue idee e il suo portato nazionale restino incancellabili, con buona pace di chi continua a sperare di poterle eliminare artificialmente), il comunismo pure e, soprattutto, russi e americani non sono alleati da quasi un secolo. Il post-comunismo, nell’Europa dell’Est, ha generato un fenomeno diverso, che non c’entra nulla con i sistemi di tipo sovietico imposti ai tempi della cortina di ferro. Ovvero degli stati e delle comunità a fortissima caratterizzazione nazionale e tradizionale inesistenti nell’Occidente a guida americana. In realtà, la maggior parte di queste comunità sono finite sotto l’influenza di Washington ma mantengono un proprio approccio autonomo alla realtà: e non è questione di anti-russismo o meno, dal momento che tra queste rientrano sia l’anti-Mosca per eccellenza, ovvero la Polonia, che Paesi decisamente più dialoganti con il Cremlino come la Slovacchia o l’Ungheria.

L’incapacità di comprendere questi cambiamenti assolutamente oggettivi e concreti è alla base di un’autoemarginazione che, come pensatori e analisti, non possiamo permetterci. A nessuno interessa una storia morta e sepolta nell’ottica dei una realpolitik di tutt’altro segno. E non deve essere neanche necessario spiegarlo, perché si tratta di un’ovvietà. Come un’ovvietà è l’assenza di una Russia alle celebrazioni delle operazioni di un ex-alleato.

Stelio Fergola

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