Roma, 27 giu – Quando si ha a che fare con un brand cinematografico dell’importanza di Jurassic Park la fregatura è dietro l’angolo. Fortunatamente la classica serie nata negli anni novanta torna a nuovo splendore col quarto capitolo piombato nelle sale cinematografiche in questi giorni.
Colin Trevorrow, alla sua seconda opera se si escludono lavori minori, si dimostra un regista capace e immaginifico, in grado di proporre un’esperienza spettacolare, intensa ed emozionante che rinnova la serie sviluppando alcune delle tematiche classiche e risultando interessante anche a chi non appartiene al mondo culturale liberale (a cui in primo luogo la pellicola si rivolge).
Torna ad esempio in primo piano la questione delle biotecnologie e il loro ruolo sempre più pervasivo nella realtà contemporanea. Il parco divertimenti in cui è ambientato il film è infatti un enorme laboratorio a cielo aperto in cui sono state ricreate artificialmente specie di dinosauri estinte da milioni di anni. Il film accenna degli interessanti spunti sul ruolo del capitalismo e del mercato nell’utilizzo spregiudicato della tecnica e nello specifico della genetica. Allo stesso tempo, si pone il problema dell’eventuale impiego delle creature biotecnologiche a scopi militari. Lo spettatore peraltro non è portato a sposare tesi luddiste o anti-tecnologiche, dal film è assente una visione schiettamente moralista della tecnica e il regista cerca piuttosto di indurre una riflessione sul come le tecnologie debbano essere impiegate e a quali scopi.
A questo punto emerge con forza il protagonista della vicenda, Owen, interpretato da un convincente e mascolino Chris Patt, già noto per aver vestito i panni di Star Lord nel divertente e adrenalinico Guardiani della Galassia. Owen è un ex militare che si occupa di analizzare il comportamento dei Velociraptor. Il suo punto di vista è quello di un uomo che chiede rispetto e attenzione per forme di vita che, sebbene ricreate artificialmente, sono del tutto reali e con spiccate capacità cognitive. Insomma, l’uomo può sì maneggiare in laboratorio la delicata materia vitale ma deve poi prendersene cura con rispetto e attenzione, senza considerarla pura oggettività.
Owen veste i panni del tipico uomo d’azione, un po’ esploratore un po’ motociclista, coraggioso, competente. Nel corso della storia si scopre dei brevi trascorsi sentimentali con la direttrice del parco, l’affascinante Claire, donna in carriera e troppo presa dagli affari per curarsi dei nipoti mandati lì in vacanza dalla sorella.
Da parte loro Gray e Zach incarnano i tipici ragazzi di oggi. Il più grande, Zach, sembra apatico e interessato unicamente alle curve delle ragazze, mentre Gray ha ancora negli occhi l’entusiasmo e lo stupore dei bambini. Se inizialmente tra i due fratelli sembrerà esserci una distanza forse incolmabile – da cui i timori della madre per il comportamento del più grande -, col procedere del film si scoprirà un profondo affiatamento tra fratelli. Jurassic World è infatti pure un film sulla famiglia e sul ruolo dei sessi nella vita quotidiana. Zach e Gray affronteranno in modo maturo e schietto il presunto divorzio dei genitori ma, in modo sempre più sicuro, affronteranno anche con abilità e solidarietà fraterna le difficoltà dell’avventura in cui finiranno col cacciarsi.
È proprio nel pericolo che la donna in carriera Claire riscoprirà il suo senso materno, preoccupandosi dei nipoti smarriti e poi ritrovati con l’intensità di cui solo una madre è capace. Il singolare quadro familiare è completato da Owen, il maschio alfa capace di guidare i Velociraptor alla lotta finale con l’Indomitus Rex, il dinosauro artificiale sfuggito completamente di mano.
Nella rapidità dell’azione il film propone insomma un modello di protagonista maschile bello e capace, un tipo d’eroe che andava forte nei film degli anni ottanta e novanta, ma senza gli steroidi e senza i toni pomposi dell’eroe solitario. Qui sono le coppie, Owen e Claire, Zach e Gray, a superare le difficoltà, ognuno secondo il proprio ruolo e le proprie capacità.
Alla fine Owen proporrà alla ormai ex-direttrice di restare insieme, “per la sopravvivenza”; come a dire che la vita fuori da un freddo ufficio è ben altra cosa, è più semplice, ha un grado d’intensità maggiore e, dopotutto, i figli non sono soltanto un impedimento alla carriera.
Questo è Jurassic World, un concentrato di azione, tensione, personaggi convincenti e battute brillanti che per certi versi potrà essere apprezzato anche dal mondo culturale non conformista.
Francesco Boco