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Julian Assange è libero: vittoria o “concessione”?

by Stelio Fergola
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Roma, 25 giu – Julian Assange è libero, e non solo: il giornalista potrà fare ritorno in patria, in Australia, dopo aver appena lasciato Londra. Una storia a lieto fine? Non proprio. Ma qualche spunto ottimistico, indubbiamente, traspare.

Julian Assange libero, finalmente: ma il punto oscuro rimane

Tutti pensavamo che sarebbe morto in un carcere americano, inutile negarlo. Chi si manifesta come novello genio in grado di prevedere lo scenario attuale quasi certamente mentirà. In ogni caso, quella di Assange libero è una notizia impossibile da ridimensionare, per portata e significato culturale. Il fondatore di Wikileaks, come riporta l’Ansa, ha in realtà patteggiato con la Giustizia americana, dichiarandosi colpevole. Il che non è esattamente una buona notizia, dal momento che il giornalista australiano ha semplicemente fatto il suo lavoro ma, semplicemente, lo ha svolto pestando i piedi ai comodi di Washington. Dunque, dover ammettere “colpevolezza” per una questione che riguarda il proprio impiego, è indubbiamente il punto più oscuro di questa disgraziata vicenda che si trascina da anni.

Che mantiene vivo, sia pur in modo “leggero” il dominio politico di Washington sull’etica occidentale. Il fatto che Assange abbia dovuto in qualche maniera ottenere una sorta di “grazia” dichiarandosi come un criminale non può essere una cosa positiva. In questa ottica, Washington sta presentando la questione come un atto di benevolenza verso chi, comunque, sarebbe un soggetto da ritenere comunque perseguibile. Per non parlare delle condizioni di salute di Assange, sulle quali non abbiamo ancora alcun dato aggiornato: come può stare, fisicamente e mentalmente, il cronista dopo cinque anni di detenzione? Sarà ancora in grado di svolgere il suo lavoro?

Perché, però, usiamo l’aggettivo “leggero” quando definiamo il “modo” in cui gli americani continuano ad esercitare il loro monopolio di “giustizia” nella sfera occidentale?

Non è finita, ma qualcosa significa

Nonostante  tutto, aver dovuto liberare Assange, o comunque aver reso possibile l’operazione, non è esattamente una dimostrazione di forza da parte americana. Semmai esprime paura, per due ragioni fondamentali. La prima deriva dalla pressione che dalle società occidentali, nonostante le direzioni strettissime delle agenzie americane sull’informazione tanto in Europa quanto oltreoceano, viene esercitata sul padrone dell’impero yankee. Un dominio che però è sempre meno popolare, sia in Patria che fuori. Inoltre, è chiaro e palese che il “gesto di benevolenza” di Joe Biden abbia scopi elettorali: tra poco si vota e negli Usa, specialmente i dem, non ci tengono a fare la figura dei lupi cattivi.  Assange libero è in generale una buona notizia, ma la sensazione – e siamo ironici nel descriverla come tale – è che non sia affatto finita qui.

Stelio Fergola

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