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“Io capitano”, la propaganda immigrazionista rigettata dai panafricanisti

by Stelio Fergola
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Io capitano Venezia

Roma, 13 sett – “Io capitano” di Matteo Garrone è l’ennesimo strumento di propaganda immigrazionista. Ovviamente, puntando come sempre sulla caratteristica che maggiormente consente di poter controllare le persone e di far accettare loro lo scempio di una tratta mascherata da solidarietà: l’emotività. Si muore in mare proprio perché si parte, ma per le solite anime belle devono partire tutti e soprattutto devono arrivare tutti. In prima fila, proprio Garrone, che quando ritira il premio per il suo ultimo lavoro non si risparmia di lanciare lo slogan dell’accoglienza.

“Io capitano”, Garrone: “Dedicato a chi non arriva in Italia”

Vorrebbero che ne arrivassero di più, praticamente tutti, magari tutti per vie legali, perché si sa, abolendo un reato lo si elimina e quindi siamo tutti felici. Ovviamente, alle spalle di una popolazione autoctona con i suoi milioni di poveri e indigenti, con il suo ordine pubblico da preservare, la sua identità in pieno diritto di esistere e con il suo altrettanto sacrosanto diritto ad avere una casa propria e degli ospiti, piuttosto che degli invasori, i quali peraltro hanno – di nuovo – l’ennesimo sacrosanto diritto di lavorare e di vivere decentemente, non di essere trasbordati con l’inganno e il marciume etico all’altro capo del mondo per svolgere lavori a 3 euro l’ora, mettendo in difficoltà pure chi quei lavori vorrebbe farli, ma a paghe degne. Garrone dal palco del Festival di Venezia cede la parola all’immigrato di cartello, quello che spinge per l’accoglienza, tale Kouassi Pli Adama Mamadou, del Centro sociale ex Canapificio e del Movimento migranti e rifugiati di Caserta, alla cui storia si è ispirato. “Il film racconta una realtà vera. Io sono riuscito ad arrivare in Italia, ma vorrei che dedicassimo questo premio a tutte le persone che non sono potute arrivare a Lampedusa”.

Intanto – tra gli africani – c’è chi non ci sta: e sono tanti

La storia degli immigrati che spingono per essere “nuovi italiani” e per far arrivare altri immigrati è completamente inventata. La stragrande maggioranza di loro non ha alcun interesse – com’è giusto e naturale che sia – a diventare alcunché, e molti si ritrovano ad essere vittime di questo processo al massacro. Non solo: c’è chi, africano e residente a Roma da anni, denuncia da anni lo scempio dell’immigrazione clandestina e dello svuotamento dell’Africa in pegno dell’invasione dell’Europa.

 

Si chiama Mohamed Konaré, presidente dell’associazione Quit Africa now ed esponente del movimento panafricanista. Konare attacca da sempre il crimine delle deportazioni (perché di questo si tratta) mascherate da atti solidali. Ovviamente, non è minimamente calcolato dalla stampa mainstream, ben attenta a seguire le marionette scelte dalla politica immigrazionista e dalla cultura (in questo caso, da Garrone e dal suo film) per testimoniare qualcosa non solo di immorale, ma di altamente marcio per chiunque ne sia coinvolto.

Stelio Fergola

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